Pisanello, dal gusto per la pittura calligrafica alla capacità di sintesi nel ritratto all’italiana

Pisanello, Madonna della Quaglia (1420 ca., tempera e oro su tavola, Verona, Museo di Castevecchio)

Bentornati nella nostra rubrica d’arte. Al Museo di Castelvecchio di Verona la scorsa settimana sono state trafugate ben diciassette opere, in un colpo che sembra ormai assodato sia stato concepito come un furto su commissione. Approfittando del servizio ridotto del personale del museo in occasione del passaggio delle consegne prima della chiusura al pubblico, tre uomini armati e a volto coperto hanno immobilizzato la cassiera e costretto la guardia giurata a guidarli nelle sale per compiere la loro razzia, che si è compiuta senza esitazioni nella scelta delle opere da asportare.

Parlando a titolo personale, ritengo che la perdita più dolorosa sia quella della piccola tavola con la Madonna della Quaglia di Antonio di Puccio Pisano detto Pisanello (ante 1395-1455ca.), poiché di questo pittore, che i documenti a lui contemporanei ci descrivono come prolifico, sono sopravvissute poche testimonianze del suo operato. L’adeguamento al gusto barocco di alcuni prestigiosi spazi, come nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma o lo stato di abbandono di alcuni edifici hanno inghiottito e irreversibilmente cancellato quanto da lui prodotto nelle varie corti italiane. Perché Pisanello fu il classico esempio di pittore di corte, continuamente richiesto, per il suo stile prezioso e dettagliato, dai Gonzaga, dai d’Este, dai Visconti, da Alfonso V Aragona.

La sua formazione artistica è avvenuta sicuramente in ambito veronese, con molta probabilità sua città natale, a discapito della tradizione che lo vuole legato alla città toscana da cui veniva il padre. Risulta difficile capire presso chi compì il suo apprendistato, ma appare abbastanza chiaro che entrò in contatto con gli esempi di Michelino da Besozzo e Stefano da Verona. Com’è possibile ammirare proprio osservando la perduta Madonna della Quaglia, sua opera giovanile, da loro desunse le figure dai tratti fisionomici morbidi e il tratto sinuoso nella resa delle vesti, quel senso dello spazio irreale tipico dell’arte gotica in cui la figura risulta solo poggiata sul prato e il volume del corpo è solo suggerito dall’ampio manto. La quaglia in primo piano, che caratterizza la composizione, ci dà una prova della sua capacità di rendere in maniera verosimile il mondo animale, dimostrando la sua bravura nella sua vastissima produzione grafica. Pisanello fu un disegnatore molto attento a riprodurre i particolari (grazie allo studio dal vero sugli animali, e non copiandoli da modelli preesistenti), al punto da raggiungere un livello di verosimiglianza che solo Leonardo da Vinci e Albrecht Dürer riuscirono a superare. Trovo meravigliosi i suoi cavalli, come questo, che dovette far parte degli studi preparatori per la scena con il Commiato di San Giorgio dalla principessa nella chiesa di Santa Anastasia a Verona:

Img. 2- cavallo

Pisanello, Testa di cavallo (penna e tracce di matita su carta, Parigi, Louvre – Cabinet des dessins)

Proprio gli affreschi custoditi in questa chiesa, nella cappella Pellegrini, ad oggi risultano essere il brano più esteso meglio conservato che ci sia rimasto della sua opera. La leggibilità abbastanza buona della scena alla nostra destra (la parte sinistra, con l’immagine del drago, risulta molto rovinata a causa di una persistente infiltrazione di acqua che ha cancellato quasi metà della scena) ci permette di avere un saggio ragionato del suo modo di dipingere e comporre la scena, facendoci capire come Pisanello, che durante il soggiorno romano era entrato in contatto con le novità stilistiche di Masaccio e Donatello, non abbia voluto modificare il suo senso dello spazio, ancora intuitivo e scollegato dalla rappresentazione in primo piano. Sembra che, nel mostrarci le alte torri della fiabesca e lontana Trebisonda, abbia voluto piuttosto fare una carrellata di architetture che si stagliano come merletti sul fondo scuro. Ma la leggenda del santo, ambientata in un luogo sconosciuto, ben si accordava al suo stile elegante, come si può osservare dalle figure dei due protagonisti e dai preziosi paramenti dei destrieri.

img.3 San Giorgio

Pisanello, San Giorgio e la principessa, particolare (1433-1438, affresco, Verona, Sant’Anastasia)

Mi piace far notare l’elegante profilo della principessa, perfetta interprete della moda dell’epoca: nella prima metà del Quattrocento, le fanciulle di nobile estrazione obbedivano ai dettami che le volevano con i capelli biondi o rame, la fronte e il collo depilati per dare più slancio alla figura e rendere protagoniste le complesse acconciature, che spesso celavano dei posticci usati come impalcatura.

Ovviamente non era una moda adatta a tutte, come si può notare nel Ritratto di principessa estense. Ma questa raffigurazione riesce a restituire un’immagine serena e composta della sfortunata Ginevra d’Este (morta a ventun anni probabilmente avvelenata dal marito che voleva convolare a nuove nozze o a seguito della morte prematura di suo figlio), complice anche il perfetto equilibrio tra i rossi, i bianchi e i toni scuri. La figura appare immersa in uno spazio ameno, in armonia con il suo status di principessa.

img. 4 -ritratto

Pisanello, Ritratto di principessa d’Este (1435-1445, tempera su tavola, Parigi, Musée du Louvre)

Fu proprio Pisanello ad inaugurare la tendenza di far posare i suoi soggetti di profilo, definita in quegli anni “all’italiana” per distinguerla dal ritratto con posa di tre quarti tipico dell’arte fiamminga (e di Antonello da Messina in ambito italiano, ne ho parlato recentemente qui: https://virgoletteblog.it/2015/11/14/appunti-darte-31.

L’assidua frequentazione con gli intellettuali delle corti in cui era ospitato lo portarono a studiare l’arte antica. In particolare, furono le monete di epoca romana ad ispirarlo nell’esecuzione di medaglie celebrative che prevedessero sul recto l’effige, rigorosamente di profilo, del potente committente, e sul verso presentava una sua impresa o una figura allegorica a lui riconducibile. Riuscì a combinare un certo realismo nel ritratto, connotandolo di una certa capacità espressiva, ad una misurata idealizzazione; in più l’impiego di motti e simboli non scadeva mai nella retorica, ma restituiva una vera valenza celebrativa. Per questo, è ancora oggi considerato uno dei migliori medaglisti di sempre.

img.5- medaglia

Pisanello, Medaglia di Filippo Maria Visconti, recto (1441, bronzo, vari esemplari)

Non mi piace pensare che ci debbano essere episodi che definirei quasi meschini (probabilmente il ricco bottino verrà ospitato nei salotti di qualche magnate) per riportare l’attenzione su artisti che possono sembrare lontani dal nostro gusto. Pisanello è stato un sublime interprete di quello stile “cortese” che a volte, ai giorni nostri, torna in auge trasfigurato da qualche saga fantasy. Purtroppo la sua ultima mostra monografica si è tenuta quasi venti anni fa (ho avuto la fortuna di vederla), ma una bella gita a Verona e a Mantova (dove sono conservati i frammenti del vasto ciclo arturiano rinvenuti fortunosamente negli anni Sessanta) ci permette di immergerci in atmosfere magiche e fantastiche.

 

Pamela D’Andrea

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