100 anni di relatività

Ieri era il centenario della prima esposizione della relatività generale.

Il 25 novembre del 1915 fu, infatti, il giorno in cui Albert Einstein, lo scienziato-icona del secolo scorso, descrisse davanti ai membri dell’Accademia Prussiana delle Scienze una teoria destinata a ribaltare non solo il concetto di gravità, ma anche l’intera visione dell’universo, dello spazio e del tempo.

E’ difficile dire quanto quel giorno fu decisivo per la storia della scienza.

Di sicuro fu decisivo per la vita di Einstein stesso perché rappresenta il raggiungimento di un obiettivo che inseguiva da parecchio tempo: riuscire a tradurre in un insieme di equazioni, quello che aveva già elaborato sotto forma di intuizione anni prima e che poi aveva cercato di arricchire e, soprattutto, di spiegare con la matematica.

Piccola parentesi; se a scuola andavate male in matematica qualcuno vi avrà probabilmente detto “Non preoccuparti, anche Einstein fu bocciato in matematica” ebbene non è vero, è ora che lo sappiate.

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Oltre che per lo scienziato, però, fu evidentemente un giorno importante per la scienza e per la storia anche se, li per li, il clamore rimase circoscritto agli ambienti scientifici.

Il “botto”, la teoria della relatività, lo fece qualche anno dopo, nel 1919, dopo che le osservazioni raccolte durante l’osservazione dell’eclissi di sole diedero le prime conferme empiriche, dati alla mano.

I lettori più attenti si ricorderanno che ne abbiamo accennato proprio parlando delle eclissi, qui: http://virgoletteblog.com/2015/03/19/cronache-darwiniane-11/

Perché è stata così importante la teoria generale della relatività? Abbiamo capito che ridefinisce il concetto stesso di gravità, all’epoca conosciuta solo in termini newtoniani, ma in che modo?

Per meglio comprendere la faccenda occorre fare un passo indietro.

Torniamo nel 1905, anno molto prolifico per lo scienziato, quando Einstein elabora la teoria speciale della relatività (detta anche della relatività ristretta) in cui si sostiene che spazio e tempo non sono le entità assolute ed immutabili come si credeva, bensì devono essere affrontate come un’unica entità, lo spaziotempo.

Partendo da tale presupposto, si può esprimere la geometria di tale entità come un tessuto quadridimensionale: tre dimensioni per lo spazio e una per il tempo.

Questo non significa certo che la meccanica classica non sia valida, anzi, per quanto riguarda la vita di tutti i giorni non c’è migliore approssimazione della relatività galileiana.

Nella teoria della relatività generale parliamo, invece, di mettere in gioco grandi masse.

Mentre Newton aveva descritto la gravità come l’azione di una forza di attrazione fra le masse, Einstein la spiega come una conseguenza della geometria stessa dello spazio e del tempo. Finché nel tessuto spaziotemporale non vi sono campi gravitazionali esso rimane “piatto” ma quando è presente una massa di un certo rilievo, essa ne causa la curvatura.

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“Spacetime curvature”. Licensed under CC BY-SA 3.0 via Commons – https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Spacetime_curvature.png#/media/

E’ difficile esprimere con immagini le quattro dimensioni, ci accontenteremo!

La curvatura dello spaziotempo che si vede nell’immagine, costringe gli oggetti che lo attraversano nei pressi dell’oggetto (il pianeta Terra in questo caso) a seguire un percorso arcuato, è impossibile infatti procedere in linea retta attraverso una curvatura spaziotemporale. La gravità diventa una proprietà geometrica dello spaziotempo.

Le conseguenze di tale enunciato sono molteplici.

Innanzitutto ora anche noi possiamo capire la fatidica prova sperimentale, ossia perché durante l’eclissi di sole del ’19 le osservazioni hanno mostrato che i raggi luminosi flettono in prossimità di un campo gravitazionale molto forte, come quello del Sole. La luce viene, quindi, deviata ed il fenomeno si chiama lente gravitazionale.

Secondo quello che abbiamo detto sopra, la presenza di oggetti massicci influenza anche lo scorrere del tempo; esso scorrerà più lentamente tanto più siamo vicini ad esso. Questa è una conseguenza che va accuratamente tenuta in considerazione nei calcoli dei satelliti GPS e in tutti i casi in cui occorra mandare segnali radar nello spazio.

Inoltre è inevitabile pensare all’esistenza dei buchi neri come conseguenza della teoria einsteiniana. Si tratta di punti di singolarità, in cui la curvatura del tessuto spaziotemporale è infinita perché la massa che l’ha generata è estremamente condensata, al punto da generare un campo magnetico dal quale nulla può uscire.

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L’influenza della teoria della relatività generale, dell’intero lavoro e della figura stessa di Einstein, è stata enorme nel secolo passato; segna la nascita della moderna cosmologia ed è all’origine di molte teorie anche recenti.

Senza contare che anche per chi non ha dimestichezza con formule e teorie scientifiche lo scienziato è diventato comunque un’icona. Chi di noi non ha nel suo immaginario un Einstein sulla sua bicicletta o che si gira mentre scrive alla lavagna o ancora che fa la linguaccia alla camera?

C’è da precisare che la mole delle citazioni che gli vengono attribuite è un po’ eccessiva, non saprei calcolare una percentuale di quelle che realmente gli appartengono però posso dirvi che le seguenti non sono sue:

“Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma posso dirvi cosa useranno nella quarta: pietre!”

“Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita.”

“Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti.”

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Sopra potete vedere come la NASA ha omaggiato il centenario della teoria; antichissime galassie che ci appaiono come un sorridente stregatto a causa dell’effetto lente gravitazionale di cui abbiamo parlato prima.

Vi lascio con la sicurezza che, data la mole di lavoro che Albert Einstein ci ha lasciato, torneremo presto a nominarlo nella nostra rubrica scientifica!

Quando mi domando come mai sia stato proprio io ad elaborare la teoria della relatività, la risposta sembra essere legata a questa particolare circostanza: un normale adulto non si preoccupa dei problemi dello spaziotempo, tutte le considerazioni possibili in merito alla questione sono già state fatte nella prima infanzia, secondo la sua opinione. Io, al contrario, mi sono sviluppato così lentamente che ho cominciato a interrogarmi sullo spazio e sul tempo solo dopo essere cresciuto e di conseguenza ho studiato il problema più a fondo di quanto un normale bambino avrebbe fatto. (Albert Einstein)

 

Serena Piccardi

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