Sono 45 gli anni passati insieme da Kate e Jeoff, due anziani coniugi che vivono nella campagna inglese e si apprestano a festeggiare l’imminente anniversario che sembrerebbe sancire un amore quasi eterno, ancora fortemente vitale.
La loro vita tranquilla, che segue il ritmo delle stagioni, è fatta di piccole cose, in fondo sempre le stesse, che garantiscono però un equilibrio che non sembra conoscere l’usura del tempo. Fino a quando, a pochi giorni dalla festa che Kate si appresta ad organizzare, la comoda routine di Jeoff e della coppia subisce un duro colpo, sotto forma di una lettera che rivela all’anziano coniuge, il ritrovamento del corpo di una donna amata molti anni prima e di cui si erano perse le tracce durante un’escursione in montagna. Questo fatto, che cronologicamente sembra lontano nel tempo, rappresenta per Jeoff quel presente che non è riuscito a vivere e che ha inconsciamente occultato sotto lo stesso ghiacciaio che per lunghi anni anni ha conservato il corpo del suo unico e vero amore.
Kate si trova di colpo, a dover competere con una figura invisibile, per riaffermare la sua identità e garantire un futuro, ad un rapporto che di colpo appare fragile e sbilanciato, totalmente avulso dal trascorrere di un tempo fittizio, che non ha cancellato i segni del passato.Un vero e proprio dramma esistenziale, firmato da Andrew Haigh, che ci riporta inevitabilmente alle atmosfere e ai silenzi bergmaniani, che hanno caratterizzato tanti capolavori del maestro svedese. Due personalità che cominciano a sgretolarsi, sotto i colpi di un destino beffardo, che apparentemente gioca a carte scoperte, ma che in realtà si prende gioco di due anziani, incapaci di chiudere i conti un passato di colpo invadente che travolge qualsiasi certezza tenacemente conquistata.
I fantasmi esistono e sono proprio quelli dell’anima i più subdoli e sconcertanti. Un Kammerspiel, intenso e sofferto, giocato tutto sugli sguardi eloquenti di Charlotte Rampling e Tom Courtenay, che illuminano la storia in modo magistrale e che sarebbe stato un peccato mortale non premiare all’ultimo festival di Berlino.
Laura Pozzi