Locandina mostra
Bentornati nella nostra rubrica d’arte. Artisticamente parlando, i fruttuosi sei mesi dell’Expo milanese si chiudono con un ultimo, grande contributo: un’ampia mostra dedicata a Francesco Hayez (1791-1882), pittore di origine veneziana che condusse la maggior parte della sua vita a Milano, ricoprendo per quasi trent’anni, in virtù della sua fama e del suo indubbio talento artistico, l’incarico di direttore dell’Accademia di belle arti di Brera.
Questa retrospettiva offre però un focus specifico: per la prima volta ci permette di raffrontare tre delle quattro versioni dell’opera universalmente più conosciuta di Hayez, vale a dire Il Bacio, la cui prima esecuzione, commissionata dal conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto, avvenne nel 1859. Alla morte del nobile, fu disposto nel testamento, direi saggiamente e generosamente, il lascito dell’opera alla Pinacoteca di Brera, dove tutt’oggi figura come la punta di diamante del percorso espositivo.
I due giovani innamorati, colti mentre si scambiano un bacio furtivo e appassionato, sono i protagonisti assoluti della scena, di vaga ambientazione medievale . I nostri occhi sono catturati dalla splendida resa delle vesti, da quella contrapposizioni fra i freddi e luminosi toni della seta azzurra del vestito della giovane e la sinfonia di marroni e rossi impiegati per il cappello, il manto e la calzamaglia del suo amato, in un ideale (ma suppongo involontario) Yin/Yang. Si passa poi a cogliere il gesto dei due amanti, quell’afferrarsi come per trattenere l’attimo che stanno vivendo, mentre altri indizi portano a suggerire che questo approccio dovesse avere breve durata per una causa esterna, che ci risulta ignota e sembra solo suggerita da quel piede poggiato sul gradino. Il giovane, con il cappello ben calato sugli occhi come per non rendersi facilmente riconoscibile e una daga alla cintola, potrebbe raffigurare un cospiratore o un volontario che sta andando in battaglia. Ma prima di partecipare ad una missione che possa compromettere la sua vita, si incontra con la sua amata per avere un ricordo struggente cui aggrapparsi durante la forzosa separazione. E lei si abbandona mollemente tra le sue braccia, la schiena si flette sinuosamente all’indietro per assecondare l’impeto del giovane.

Francesco Hayez, Il Bacio. Episodio di giovinezza. Costumi del secolo XIV (1859, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera)
Hayez non era nuovo a questo tipo di rappresentazioni che comprendessero amanti colti mentre si baciano. Già nel 1823 eseguì L’ultimo bacio dato a Giulietta da Romeo, dove già appare un trasporto analogo nella resa della dolcemente struggente, ma necessaria, separazione. Possiamo notare come questo quadro sia ancora legato alla sua formazione spiccatamente neoclassica, per le altissime qualità di disegnatore e per il tipo di tavolozza impiegata, che ricorda ancora quella impiegata da David o del primo Ingres. Se il gesto tra i due amanti può sembrarci genuino, non lo è di sicuro la composizione della scena: sembra di assistere ad una pièce teatrale shakespeariana, nella quale la luce del riflettore investe i due protagonisti, lasciando in penombra sfondi e personaggi minori.

Francesco Hayez, L’ultimo bacio dato a Giulietta da Romeo (1823, olio su tela, Tremezzo, Villa Carlotta)
La scelta del pittore di cimentarsi in soggetti desunti dalla narrativa epica o dalla storia era stata di poco precedente a quest’opera (il suo Pietro Rossi prigioniero degli Scaligeri era stato dipinto negli anni 1818-20), e interpretava in campo pittorico quella temperie culturale del Romanticismo che portava ad assimilare le esperienze del passato, per lo più medievale, con le situazioni politiche del presente. Così, si onorava il ricordo di episodi quali i Vespri siciliani (1844-46) o La congiura dei Lampugnani (1826) dove i protagonisti, a costo della propria vita, si ribellarono alla tirannide e alla dominazione straniera. Quindi, pur semplificando molto, quello che fecero Alessandro Manzoni in campo letterario e soprattutto, Giuseppe Verdi in ambito musicale, Hayez lo portò avanti con la sua pittura.
Questa contestualizzazione ci fa capire che Il Bacio nasconde in alcuni dettagli un significato diverso, meno plombieresuperficiale rispetto alla storia d’amore che sembra immortalare. Innanzi tutto, la datazione della prima versione: il 1859 riporta alla memoria gli scontri della Seconda Guerra d’indipendenza, necessaria per cacciare gli odiati Austriaci dal Lombardo-Veneto. Per far questo, lo Stato sabaudo cercò l’alleanza, accordata pochi mesi prima a Plombières, con l’imperatore francese Napoleone III, che gli permise di ottenere la preziosa vittoria nella battaglia di Solferino. Un riferimento a questa proficua alleanza si rintraccia nei colori dei vestiti dei due giovani: il tocco di verde della penna del cappello, il rosso della calzamaglia e il bianco della camiciola celano il tricolore, mentre il tributo alla Francia è reso dall’azzurro dell’abito.
Come capitò a molti grandi maestri (tra i quali ricordiamo, non a caso, il Canova, di cui per alcuni anni fu allievo), ad Hayez, dato lo straordinario successo riscosso dalla sua opera, ne fu chiesta una replica da parte della ricca famiglia Mylius nel 1861. In questa versione l’abito della giovane è bianco, forse per cancellare il riferimento alla Francia, rea di aver revocato l’aiuto una volta capito che non avrebbe tratto vantaggi significativi e aver firmato con gli Austriaci l’armistizio di Villafranca. Qui notiamo che il riferimento al tricolore è più audace, avendo aggiunto una fodera verde nell’interno del mantello. Questa versione in anni recenti era salita agli onori della cronaca perché fu venduta nella prestigiosa casa d’aste londinese Sotheby’s nel 2008, per 416000 sterline.

Francesco Hayez, Il Bacio (1861, olio su tela, collezione privata)
Ed ecco l’ultima versione, realizzata nel 1867 che molto probabilmente fu quella che venne inviata all’Esposizione Universale di Parigi nello stesso anno. In questo caso, compare un velo bianco lasciato cadere sui gradini, mentre il vestito recupera l’originale colore azzurro.
Vorrei aggiungere una piccola notazione riguardo la figura in ombra che si coglie nel lato sinistro della tela. In passato, si parlò spesso di un uomo che stava attendendo il giovane, forse un compagno d’armi. Ma si può vedere abbastanza chiaramente che questa figura, femminile e vista di spalle, sia slegata dalla scena principale, o altrimenti potrebbe essere identificata con una domestica che attende la fanciulla, che il vestito in prezioso raso identificherebbe come appartenente a una buona famiglia.

Francesco Hayez, Il Bacio (1867, olio su tela, collezione privata)
Vi lascio i riferimenti per la visita:
Hayez, Milano, Galleria d’Italia – Piazza Scala, 7 novembre 2015 – 21 febbraio 2016
http://www.gallerieditalia.com/hayez/
Conoscete il progetto Haltadefinizione? È un magnifico archivio digitale di opere d’arte in altissima definizione, che permette all’utente di poter esplorare i maggiori capolavori pittorici di arte italiana. In questo link della Pinacoteca di Brera potrete osservare i particolari più minuziosi della virtuosistica pittura di Hayez:
http://www.brera.beniculturali.it/Page/t01/view_html?idp=516
Infine, perché a me piace il fatto che l’arte non rimanga chiusa nei musei ma possa essere interpretata anche nella vita di tutti i giorni, segnalo la simpatica iniziativa che ha fatto da virtuale apripista all’inaugurazione della mostra, un flash mob organizzato il 30 ottobre a Expo 2015 dedicato proprio al Bacio:
Pamela D’Andrea