Elefanti romani

Roma, una delle città più belle e visitate del mondo. Si calcola che ogni giorno vi si possano incontrare più di 70’000 turisti (senza contare i pellegrini che vi si riversano per i giubilei) attratti dall’immenso patrimonio artistico e storico della capitale.
La grande mole di monumenti, chiese e di reperti antichi riempie il cuore e l’occhio del visitatore.. pochi sanno, però, che oltre ai più noti resti archeologici la città è altresì ricca di resti paleontologici!

Circa 200’000 anni fa, durante il Pleistocene medio, l’Aniene, importante affluente del Tevere, era caratterizzato da un percorso differente dall’attuale. La valle che da questo fiume prende il nome, oggi riserva naturale, era caratterizzata da una fauna decisamente differente dall’attuale.

Immersi come siamo nel mondo odierno ci è difficile immaginare che molto tempo fa, complice il clima dell’epoca, proprio nel quartiere in cui siamo nati e cresciuti o nelle città che amiamo visitare, al posto dei palazzi e del parco giochi si trovavano valli rigogliose dominate da foreste e abitate da parenti estinti di animali che siamo abituati a considerare esotici. Probabilmente quando si tratta di località di campagna non ci fa lo stesso strano effetto. L’estetica urbana, invece, ci rende più ostica l’idea che c’è stato un tempo in cui in una città come Roma, per esempio, fra la nomentana e la tiburtina, in piena Casal de’ pazzi, erano gli elefanti a spadroneggiare.

Vero è che il Pleistocene medio non sembra proprio dietro l’angolo ma vi assicuro che, nella scala dei tempi geologici, è praticamente l’altroieri!

Gli ambienti acquatici sono fondamentali per la fossilizzazione; non è un caso se la gran parte degli organismi che conosciamo del passato della Terra sono marini o di acque dolci. Un animale terrestre giunge a noi come fossile solo se dopo la morte cade, o comunque si viene a trovare, in ambiente marino o fluviale. Tale era al tempo la zona del ritrovamento risalente agli inizi degli anni 80, vicino alla Riserva Naturale dell’Aniene.

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Localizzazione siti paleolitici lungo la valle dell’Aniene (immagine di Patrizia Gioia)

Nel 1981, durante i lavori di urbanizzazione della zona di Rebibbia, infatti, venne inizialmente ritrovata una zanna d’elefante; da li partì un’indagine paleontologica che portò alla luce un intero tratto di antico alveo fluviale. Nel giacimento sono stati rinvenuti più di 2000 fossili animali che rivelano com’era popolata la campagna romana di 200’000 anni fa: non solo elefanti ma anche ippopotami, rinoceronti e uri, grandi bovini ormai estinti. Per non parlare di cervi, iene e lupi ma vennero ritrovati anche manufatti ed altre testimonianze della presenza dell’uomo.

I reperti sono ad oggi ospitati dal Museo di Casal de’ Pazzi che consente al visitatore di immergersi nel giacimento grazie ad una passerella che lo sovrasta. Dopo aver preso visione dei resti dell’alveo, si è invitati ad immedesimarsi in un abitante umano del periodo e ad immaginare, anche tramite ricostruzioni, il paesaggio dell’epoca.

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Museo di Casal de’ Pazzi

Il ritrovamento di Rebibbia non è l’unico che dimostra l’esistenza degli antichi elefanti romani: la Polledrara di Cecanibbio, ubicata circa 20 chilometri a nord della capitale, è un altro sito molto ricco di fossili di elefanti risalenti a più di 300’000 anni fa, sempre corrispondenti ad un antico alveo fluviale.
Inoltre un famoso esemplare di Elephas antiquus venne ritrovato una dozzina di metri sotto alla centralissima piazza Venezia più di un secolo fa, sempre in concomitanza di lavori urbanistici.

Per chi conosce Roma, sempre per la serie luoghi ed animali insospettabili, troviamo elefanti e ippopotami presso la Sedia del Diavolo (il monumento funebre di Elio Callistio) nella zona di viale Libia, rinoceronti all’altezza di Ponte Salario o Monte delle Gioie (entrambi evidenziati nella prima immagine) e il leopardo (Panthera pardus) di Prati Fiscali, il cui cranio è attualmente custodito dal museo di paleontologia dell’Università La Sapienza, da notare perché i resti di grossi felidi non sono molto numerosi nel Lazio.
La prossimità dei ritrovamenti (gli ultimi citati si trovano tutti nel quadrante nord-est della capitale) è evidentemente da attribuire al corso del fiume Aniene che ne ha consentito la conservazione. Per chi vuole approfondire http://www.centrodiculturaecologica.it/home/files/P_e_B.pdf

Anche se alcuni di questi ritrovamenti fecero notizia, molti romani ignorano che gli addetti ai lavori amano chiamare la zona che comprende la capitale “la terra degli elefanti”. Il murale del fumettista Zerocalcare sulla parete della stazione metro di Rebibbia, aiuta a ricordare a chi passa da quelle parti il passato selvatico del quartiere.

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Il murale di Zerocalcare alla stazione metro di Rebibbia

L’invito, rivolto sia al turista che anche (e soprattutto) al cittadino romano, è quello di dedicare magari un pomeriggio alla Roma preistorica e visitare il museo, anche se si trova in un quartiere un po’ periferico, ma, evidentemente, anch’esso ricco di storia.

Gli elefanti vanno a ballare in cimiteri sconosciuti. (Caparezza)

 

Serena Piccardi

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