I mosaici di Piazza Armerina: antiche cronache di costume e società

Villa del Casale, mosaico pavimentale del secondo cubicolo dell’appartamento settentrionale

Bentornati nella nostra rubrica d’arte. L’Italia è così satura di tesori che spesso capita di avere una loro conoscenza approssimativa, che a volte si limita all’averli solo sentito nominare. Viene spontaneo aggiungere, ingiustamente.

Certo, a volte a scoraggiare la visita di alcuni siti contribuisce anche un cattivo collegamento stradale, ma, come nel caso della meta di cui ci occupiamo questa settimana, la Villa del Casale di Piazza Armerina (EN), vale la pena armarsi di un po’ di pazienza per ammirare alcuni dei più bei mosaici dell’antichità che sono arrivati fino a noi.

La vastità di questo lascito è impressionante: la villa, una residenza di età tardo-imperiale (320-350 d. C.) che per fasto somiglia più ad un palazzo imperiale, si estende per più di 4000 mq, di cui 3500 mq sono quelli con i mosaici pavimentali. E che questi siano di straordinaria fattura ce lo rivelano alcuni particolari. Innanzi tutto, le dimensioni delle tessere: più sono piccole (ovviamente in rapporto con la superficie da rivestire!), maggiore sarà la resa dei passaggi cromatici che portano a definire questo stile mosaico pittorico. La volontà dei maestri mosaicisti è quella di restituire l’effetto di una scena dipinta, riconsegnando le sfumature di colore a quella che era stata, per tanti anni, la peculiarità del mosaico romano dall’epoca repubblicana, che giocava su motivi realizzati esclusivamente in bianco e nero. L’aggiunta del colore dava modo di creare un maggiore effetto tridimensionale e, ovviamente, ampliava la gamma delle rappresentazioni che potevano essere scelte, passando da semplici fregi per i locali di passaggio, a scene con dettagli molto particolareggiati nelle sale di rappresentanza.

img. 2 -3D

Ricostruzione 3D della Villa del Casale

Un altro aspetto che conferma la munificenza del proprietario è la grande varietà dei temi rappresentati nelle scene, tale da aver fatto pensare alla preliminare creazione di un progetto unitario per la decorazione, che si scelse di far eseguire da almeno due maestranze, entrambe di origine nordafricana. L’ identificazione geografica di questi maestri è accertata dal fatto che in quegli anni, in cui si era recuperato lo stile ellenistico nel realizzare i mosaici, si affermò (proprio in quelle province che si collocavano di fronte alla Sicilia e con le quali i commerci si stavano intensificando) un nuovo repertorio di immagini che affiancavano i classici cicli con racconti mitologici, per rappresentare scene di caccia o situazioni di vita reale, portate avanti con estremo naturalismo nei dettagli. Il motivo per il quale si pensa ci fossero state almeno due squadre di lavoro è presto spiegata: il proprietario, conscio di aver commissionato un lavoro sterminato, non voleva però che i lavori si protraessero per troppi anni, e chiamò così più maestranze ad operare nei locali già terminati. E si pensa, secondo gli ultimi studi, che per realizzare questa decorazione musiva ci vollero circa dieci anni. Tempi che dobbiamo intendere come record, se si pensa che un artigiano mosaicista, in media, impiega sei giorni per produrre un metro quadro di mosaico.

Come dicevamo, si distinguono due grandi raggruppamenti iconografici: il primo è legato alla tradizione, che propone cicli mitologici e racconti omerici; il secondo raffigura scene della vita dell’aristocrazia romana, alla quale con altissima probabilità apparteneva il misterioso proprietario e committente.

Ci sono delle scene, legate soprattutto allo stile tradizionale, che sembrano seguire un programma in cui si vuole celebrare la vittoria della ragione sulle passioni, interpretate ora da figure mitologiche, ora dagli animali selvatici. Scene con contenuti simili quali Orfeo che ammansisce le bestie e Arione che doma le creature marine, entrambi tramite la musica, sono da porre in relazione con l’Odisseo che acceca Polifemo e l’Eros che vince su Pan, e ancora, con le scene di cattura in quella che viene chiamata la Grande Caccia (la più estesa superficie mosaicata della villa, che decora il lungo corridoio che collega la zona di rappresentanza con gli appartamenti padronali), in cui si può vedere come l’uomo può raggiungere il suo scopo di assoggettare gli esseri ferini tramite l’astuzia o la forza, a seconda delle circostanze che reputa necessarie.

Proprio in questa ultima grande scena si nota l’impiego contemporaneo delle due squadre di lavoro, quella della metà sud ancora foriera di un linguaggio più conservatore, contraddistinto dall’utilizzo di tessere un po’ più grandi, minor precisione dei dettagli e varietà cromatica; la parte nord, con tessere più piccole e regolari e maggiori sfumature, riesce a dare un effetto di tridimensionalità migliore.

img. 3 caccia

Piazza Armerina, Villa del Casale, scena di caccia (zona sud)

Non si può tralasciare di parlare della bella e movimentata scena presente nel complesso termale, che rappresenta nei minimi dettagli una corsa di quadrighe nel romano Circo Massimo, riconoscibile dall’obelisco di Ramses II che l’imperatore Augusto vi fece collocare (e che sotto il pontificato di Sisto V fu spostato in Piazza del Popolo).

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Piazza Armerina, Villa del Casale, scena con i giochi nel Circo Massimo

Ed infine, la famosa rappresentazione di atlete che concorrono indossando quelli che modernamente definiamo bikini. Chissà quale fu lo stupore di chi, negli anni Cinquanta del secolo scorso, recuperò dagli scavi questa scena, proprio nel periodo in cui questo capo di abbigliamento si stava affermando.

img. 5 bikini

Piazza Armerina, Villa del Casale, cubicolo con le Fanciulle in bikini

Rimane solo da capire chi sia stato il proprietario che volle far edificare questa immensa tenuta. Sono state accantonate le prime ipotesi che indicavano si trattasse del tetrarca Massimiano o di suo figlio Massenzio. Sicuramente questa figura apparteneva all’alta aristocrazia romana, di tradizione senatoria, di culto pagano e avversa alla politica di Costantino. Ultimamente il nome più ricorrente è quello di Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio, governatore di Sicilia tra il 327 e il 331. Le scene della Grande Caccia e dei giochi nel Circo hanno contribuito a questa identificazione, perché sembra siano il racconto delle fasi che composero i giochi che organizzò nel 320 e che rimasero famosi a lungo per la loro spettacolarità.

Il mio racconto, pur se corredato delle immagini che ho trovato più stimolanti, non può trasmettere la stessa sensazione che si prova nel passeggiare per questa sterminata villa. Per chi non avesse la possibilità di visitarla, e per chi volesse approfondire, ecco il servizio dedicato a Piazza Armerina di quell’eccellente comunicatore che è Alberto Angela:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-cd10e8b0-00aa-4fc7-869f-55e5d117c2b9.html

Qui di seguito le informazioni per organizzare la visita:

http://www.villaromanadelcasale.it/la-villa-romana-del-casale2/info/orari-e-costi/

 

Pamela D’Andrea

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