Era da un po’ che una scoperta in ambito paleoantropologico non faceva tanto parlare di se come è accaduto di recente per l’Homo naledi. La curiosità è giustificata, il mosaico di caratteristiche che presenta e l’attuale impossibilità di collocarlo sulla scala temporale fanno di lui un piccolo mistero nell’evoluzione del nostro genere.
Viene dall’Africa, così come noi sapiens.
Dalla zona della Repubblica Sudafricana chiamata “culla dell’umanità”, patrimonio protetto dall’UNESCO dal 1991, per la precisione.
Si tratta di un sito unico per ricchezza di esemplari ritrovati, grazie soprattutto alla composizione geologica caratterizzata da roccia calcarea e a brecce che ne ha consentito la fossilizzazione.
La nuova specie deve il nome (naledi significa stella in lingua sesotho) al sistema di grotte da cui proviene, detto Rising Star, nel quale sono stati rinvenuti più di 1500 reperti ossei appartenuti almeno a 15 diversi individui, praticamente la più grande “riunione” di ominidi mai trovata.
L’Homo naledi appena scoperto dal team di Lee Berger è già il più conosciuto, almeno quantitativamente parlando.
Già perché nonostante la mole di campioni raccolti la datazione della nuova specie è tuttora incerta; la cavità da cui provengono i resti non solo è impervia ma è anche soggetta a movimenti che nel tempo hanno alterato la normale stratificazione delle rocce.
Si tratta di un problema di non poco conto che, sommato alle caratteristiche morfologiche riscontrate nelle ricostruzioni, risulta frustrante per gli studiosi.
Vediamone l’aspetto nello specifico. Con un’altezza di circa un metro e mezzo per una cinquantina di chilogrammi di peso, Homo naledi presenta dimensioni nel complesso simili a quelle umane. Mentre la scatola cranica ha una forma tutto sommato moderna, le dimensioni del cervello che doveva contenere sono assimilabili ai rappresentanti del genere Australopithecus, decisamente più piccole di quelle comuni nel genere Homo.
La posizione delle spalle e le dita della mano, lunghe e curve, sono tipici adattamenti all’arrampicata sugli alberi, mentre la restante parte della mano, comprensiva di polso e pollice, fa pensare all’uso di utensili. La parte inferiore del corpo ha caratteristiche più moderne; ossa della gamba lunghe e sottili e piedi molto simili ai nostri, ideali per la camminata. Sostanzialmente le parti distali del corpo sembrano più moderne del tronco, che presenta caratteri vicini agli australopitechi.

L’illustrazione sovrastante è di Stefan Fichtel. Fonti: Lee Berger E Peter Schmid, Wits; John Hawks, University of Wisconsin-Madison
Di seguito il link del National Geographic con le immagini della ricostruzione dell’Homo naledi ad opera di John Gurche:
http://www.nationalgeographic.it/scienza/2015/09/09/foto/scoperta
Senza datazione, dove collocarlo? All’inizio della diversificazione del genere Homo, intorno ai 2 milioni di anni fa, o più di recente, coesistendo con le altre specie che avevano già sviluppato un cervello dalle dimensioni maggiori? Si pensa che potrebbe trattarsi di una forma intermedia, adatta a fasi di transizione, in grado di camminare perfettamente ma anche di arrampicarsi con agilità, all’occorrenza.
Attualmente si sta cercando di datarlo direttamente dai resti scheletrici; finché non si avranno maggiori informazioni a riguardo, più che ipotesi, si possono fare speculazioni.
Ulteriore motivo di tanta attenzione è il contesto del ritrovamento; abbiamo detto che i reperti provengono da un pozzo contenente la più cospicua “riunione” di ominidi mai trovata. Dal momento che le ossa non sono state trasportate da animali e che la grotta non era utilizzata come abitazione, perché allora non parliamo di cimitero? Non solo perché finora la pratica della sepoltura rituale è stata documentata solo in H. sapiens e H. neanderthalensis ma soprattutto perché è prematuro attribuire significati di questo tipo per definire eventi che potrebbero rappresentare pratiche di natura sì sociale, ma più istintiva che spirituale.
Ma, ahimè, anche per avere questa informazione occorre aspettare, speriamo non molto!
L’uomo […] nasconde in sé il fantasma di una scimmia scambiata per un angelo. (Giorgio Celli)
Serena Piccardi