TERZA GUERRA MONDIALE A TAPPE: CAPITOLO SIRIA

La situazione in Siria merita un piccolo approfondimento ed alcune riflessioni. E’ dall’ormai lontano 2011 che la rivolta su stampo nordafricano da “primavera araba” è sfociata in una vera e propria guerra civile. Lo scopo, così come accaduto in Tunisia con Ben Ali, in Libia con Gheddafi e in Egitto con Mubarak, era quello di rovesciare il rispettivo leader e dittatore Bashar al-Assad. A differenza degli altri paesi dove si è riusciti nell’intento, qui le cose sono andate diversamente e sono degenerate fino alla situazione attuale.

Nel ripercorrere una breve storia della situazione siriana infatti, non si può non ricordare come nell’agosto del 2013 l’amministrazione Obama era sul punto di attaccare il dittatore Assad, a seguito di una presunta prova di un utilizzo da parte di quest’ultimo di armi chimiche sulla popolazione civile. Seguì addirittura un ultimatum che Obama mise ai voti del proprio congresso e dopo alcuni giorni di confusione diplomatica generale, l’attacco imminente si risolse in un’ammissione di impotenza da parte degli stessi Stati Uniti che si interrogavano sul proprio ruolo nel mondo. C’è da dire che così come per le ingigantite armi di distruzione di massa di Saddam Hussein e per i suoi pseudo collegamenti con i terroristi (era un dittatore laico che anzi ne arginava il proliferarsi, così come Gheddafi) le prove in possesso della comunità internazionale erano ai limiti della falsificazione storica e si susseguivano accuse reciproche in cui la controparte si difendeva dichiarando che erano state usate invece dai ribelli. Nei mesi successivi, molto astutamente, Assad decise di collaborare con gli ispettore dell’ONU e di consegnare le armi chimiche in suo possesso per evitare eventuali ulteriori casus belli di questo tipo.

Da lì evidentemente la strategia di Obama per far cadere la Siria e per portare il nuovo secolo americano a superare la soglia del nuovo millennio si è tramutata in una sorta di boomerang, che oltre ad avergli fatto perdere l’egemonia nell’area, ha rappresentato un’occasione per evidenziare come il nuovo secolo non sarà probabilmente solo americano.

C’è da sottolineare infatti che per la prima volta la Russia (da quando non è più URSS) è intervenuta direttamente in un conflitto in medio-oriente. E’ riuscita a farlo imponendosi come forza egemone e stabilizzante della zona, al punto che, oltre ad aver creato una sorta di mini coalizione, è arrivata a farsi invocare in aiuto dall’Iraq per ulteriori azioni militari contro l’ISIS anche sul proprio territorio.

Putin è riuscito in una mossa diplomatica di tutto rispetto. Se, come ormai sembra non essere più un mistero, l’ISIS è stata realmente creata dagli USA e dai loro alleati dell’area, con lo scopo di rovesciare Assad una volta preso atto dell’impossibilità dell’intervento militare diretto col pretesto mancato delle armi chimiche, per poi attaccare “boots on the ground” la Siria una volta caduta del tutto in mano ai terroristi e instaurare un governo fantoccio in stile Afghanistan e Iraq, Putin si è intromesso nella fase intermedia e ha fatto saltare i piani di chi evidentemente aveva architettato tutto ciò. Non è un caso che gli USA si siano definiti in questa situazione la “prison’s bitch” di Putin, dato che con la scusa di attaccare i terroristi (del cui operato ci siamo fatti già tutti un’idea grazie ai video di propaganda diffusi più o meno intenzionalmente negli scorsi mesi) può farne legittimamente piazza pulita e al tempo stesso rafforzare Assad suo alleato e garante di uno sbocco geopolitico sul Mediterraneo.

Non potendo rimanere soltanto a guardare, gli USA hanno già impostato una controffensiva innanzitutto mediatica, addirittura diffondendo false notizie circa dei presunti bombardamenti di civili da parte dei russi (che si sono invece rivelate antecedenti all’inizio dei bombardamenti stessi) e facendo passare Putin per colui che vuole soltanto difendere il sanguinario dittatore Assad, non attaccando l’ISIS, ma quasi esclusivamente le fazioni anti-regime. Premesso che non ritengo esistano dei ribelli moderati, è chiaro che si tratta di una motivazione abbastanza debole, in quanto di fronte a ciò che i terroristi hanno dimostrato e dimostrano di fare nei confronti del genere umano, è abbastanza ridicolo condannare unilateralmente l’azione della Russia e far passare Assad come il male assoluto, dato che con il suo governo almeno uno Stato c’era e in parte c’è ancora e dato che nel 2006 era stato anche ricevuto dall’allora nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e insignito della medaglia di Cavaliere di Gran Croce, tanto per ricordare il passato recente.

E’ evidente che gli USA, con l’avvio già dal 2001 delle guerre preventive e con l’individuazione degli “stati canaglia”, avevano la Siria nel mirino, e non è un mistero che dopo la Siria c’era e quindi ci sarà l’Iran, nonostante il recente accordo sul nucleare possa apparentemente significare un cambio di strategia. Tutto sta procedendo secondo programma, se non per il rinvigorito Putin a capo di una Russia che ha resistito ad attacchi di ogni tipo, dalle sanzioni economiche, al fallito assalto al rublo e che, mettendo a rischio l’egemonia degli Stati Uniti nel mondo, non solo militarmente, si è riproposta prepotentemente sulla scena internazionale.

Se si considera che per la prima volta nella storia recente sono presenti nello spazio aereo di una sola nazione le forze aeree di circa una dozzina di Paesi (tra coalizione occidentale anti-ISIS, Russia, Turchia e con in arrivo anche la Cina) l’impressione è che l’osservazione del Papa circa la situazione attuale definita come una sorta di “Terza Guerra Mondiale a tappe” sia quanto mai avvalorata, e se fino a pochi mesi fa il fronte ucraino appariva come l’unico terreno di scontro tra la Russia e la NATO, ora il nuovo capitolo è diventato la Siria, che per intensità di fuoco e presenza militare rappresenta sicuramente un’escalation maggiore verso, forse, un non auspicabile epilogo finale.

Filippo Piccini

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