Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea in una sentenza del 10 –settembre 2015 (causa C-266/14), nel segno della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Si tratta dell’interpretazione della direttiva 2003/88 su aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, recepita in Italia con Dlgs 66/2003, modificato dal Dlgs 213/2004. Al discutere della causa sono intervenuti diversi Stati membri, inclusa l’Italia.
Tra gli elementi costitutivi dell’orario di lavoro sono inclusi:
- l’esercizio delle attività e
- funzioni lavorative.
In particolare questa sentenza riguarda una società spagnola, per la quale alcuni lavoratori si occupavano dell’installazione e della manutenzione di sistemi di sicurezza. Naturalmente le loro funzioni ed attività veniva svolte presso i clienti; va da sé che lo spostamento verso la sede del cliente presso il quale vanno installati i sistemi di sicurezza è parte integrale della funzione del lavoratore.
Gli uffici regionali di questa società hanno chiuso nel 2011, cambiando modello organizzativo , sostituendoli con una rete di operatori che sono dislocati sul territorio, dotati di apparecchiature utili per lo svolgimento del loro lavoro, auto e cellulare di servizio.
L’azienda non conteggiava lo spostamento tra sede e domicilio del cliente nell’orario di lavoro.
Però il dipendente parte dalla propria abitazione, a causa del fatto che non ha un luogo di lavoro fisso o abituale, lo spostamento va considerato come esercizio delle attività e delle funzioni lavorative.
La società considerava poi tempo di riposo la percorrenza da casa al primo cliente, e dall’ultimo cliente a casa.
Proprio per questo la Corte ha ritenuto “che i lavoratori siano a disposizione del datore di lavoro durante i tempi di spostamento”, considerato che “i lavoratori non hanno pertanto la possibilità di disporne liberamente e di dedicarsi ai loro interessi”.
La corte ha inoltre stabilito che “la circostanza che i lavoratori comincino e terminino i tragitti presso il loro domicilio è una conseguenza diretta della decisione del loro datore di lavoro di eliminare gli uffici regionali e non della volontà dei lavoratori stessi”, precisando infine che “costringerli a farsi carico della scelta del loro datore di lavoro sarebbe contrario all’obiettivo di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori perseguito dalla direttiva, nel quale rientra la necessità di garantire ai lavoratori un periodo minimo di riposo”.
IL RIPOSO GIORNALIERO
La normativa è regolata dal D. Lgs. n. 66/08.04.2003 “Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/Ce”.
(art. 7)
Il D.Lsg. non stabilisce un limite giornaliero di durata dell’orario di lavoro,ma solo il diritto al riposo giornaliero del lavoratore che non può essere inferiore alle undici ore di riposo consecutivo ogni 24 ore.
Se ne conclude che:
- ristretto margine di autonomia concesso al lavoratore
- il datore può cambiare l’ordine dei clienti e modificare gli appuntamenti.
- Irrilevante il rischio di abusi, che non può essere arginato modificando la qualificazione giuridica della nozione di orario di lavoro.
- Spetta all’azienda effettuare controlli per evitare abusi, per esempio limitando il pagamento del carburante solo a quello necessario per un uso professionale.
- l’azienda non ha la possibilità in questo modo di ridurre il tempo di riposo
- lo spostamento domicilio-cliente è funzionale all’esecuzione dell’attività lavorativa del dipendente.
Questa dichiarazione da parte della Corte di Giustizia UE sull’orario di lavoro rafforza le tutele, per i lavoratori che non hanno una sede fissa, il tempo di trasferimento dal proprio domicilio al primo cliente della giornata deve essere considerato come orario di lavoro. lo stesso vale per quanto concerne il discorso inverso, per il ritorno del lavoratore nel proprio luogo di domicilio.
Sabrina Mattia