Bentrovati nella nostra rubrica d’arte. Cento anni fa un ambizioso documento dalla portata rivoluzionaria, concepito e firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero, si riprometteva di offrire un modo altro di intendere figurativamente la realtà e sarebbe stato alla base di un modo nuovo di concepire l’universo. Il tributo al manifesto Ricostruzione futurista dell’Universo offre il pretesto per poter approfondire l’arte di Balla (1871-1958) e seguire la sua ricerca verso modi diversi di percepire colori e forme.
Il punto di partenza del suo percorso si può rintracciare negli insegnamenti forniti dal padre nel campo della fotografia. La cura che si intravede nel modo in cui compone le sue scene e l’innovativa inquadratura, tradiscono questa formazione e connoteranno tutta la sua produzione artistica, anche se condotta con linguaggi profondamente diversi. Il suo approccio all’arte risente del clima di fine Ottocento orientato verso il Positivismo, che lo porta ad investigare le modalità ottiche con cui rendere la luminosità del colore, non accontentandosi della proposta divisionista che inizialmente aveva abbracciato ma, a seguito di un viaggio a Parigi nel 1900, approfondì la sua ricerca, confrontandosi e interiorizzando l’operato di Seurat e Signac, i maestri del Puntinismo, del quale il Divisionismo era la costola italiana.

Giacomo Balla, Elisa con i veli (1907 circa, pastello su carta da spolvero)
Una volta tornato in Italia, conseguentemente al successo come pittore aggiornato sulle ricerche in campo ottico, ospitò nel suo studio romano talentuosi allievi del calibro di Umberto Boccioni e Gino Severini, e con loro avviò la sperimentazione sulle scomposizioni di forme e colori che li avrebbe portati al dinamismo del linguaggio futurista. Tutti e tre nel 1910 sottoscrissero i principi fondamentali del movimento richiesti nel campo pittorico, e la loro frenetica ricerca sulle possibilità di scomposizione dell’immagine per restituire il senso di moto e velocità li portò ad un’astrazione delle forme. La ricerca di Balla fu originale: portò con sé l’eredità degli studi sul Puntinismo trasformandola e piegandola in direzione delle nuove istanze (basti guardare a due delle sue opere più famose di questo periodo, Bambina che corre sul balcone e Dinamismo di un cane al guinzaglio, entrambi del 1912); inoltre si lasciò andare ad ardite sperimentazioni che compresero anche il cimentarsi con le sculture. Ma abbandonò presto questa tecnica perché non supportava appieno la direzione che voleva imprimere alla sua ricerca. Il risultato però mi sembra meritevole quando ci si trova di fronte a Linee di forza del pugno di Boccioni, opera molto vicina al capolavoro del suo allievo e amico, Forme uniche nella continuità dello spazio (1913) a differenza della quale però non sono più riconoscibili parti anatomiche, sostituite dalle traiettorie che un corpo proietta nello spazio.

Giacomo Balla, Linee di forza del pugno di Boccioni (1915/1966, ottone dipinto, 80x75x33 cm)
Parlando invece della pittura, l’opera di Balla di quegli anni, pur puntando ad una completa astrazione dalle forme, non ebbe la stessa influenza che viene riconosciuta ai contemporanei Modrian o Klee, ma quel che conquista della sua ricerca è l’uso del colore pieno, l’investigazione della resa visiva della ripetizione di forme, anche in modo speculare, che anticipa soluzioni ora molto in voga nel design. Tutto questo non stupisce se si considera che l’impegno di rifondare il mondo in chiave futurista è stato portato avanti da Balla anche nella creazione di vestiti, complementi d’arredo, scenografie per balletti.

Giacomo Balla, Sorge l’idea (1920, olio su tela)
Balla, rimasto pressoché l’unico artista a portare avanti la parabola futurista per tutti gli anni Venti, se ne allontanò a seguito di dissapori avuti con Marinetti, tornando ad un filone più tradizionale che all’epoca aveva più possibilità di mercato. E anche in questa produzione combinò eleganti figure con reminescenze del suo precedente stile.

Giacomo Balla, Figlia del sole (1933, olio su tavola)
L’arte di Balla porta con sé un’intrinseca energia vitale e ottimista, confermata da questa instancabile vena creativa che arrivò ad invadere le mura e le suppellettili della sua abitazione romana. E il percorso della mostra di Parma, segue pedissequamente i punti in cui era scandito il manifesto del 1915 (l’intitolazione delle sale è desunta dal documento: Astratto, Dinamico, Trasparentissimo, Coloratissimo e luminosissimo, autonomo, Trasformabile, Dinamico, Scoppiettante). E, come tende a dimostrare questa esposizione, Balla non si sottrasse dal misurarsi e mostrare i risultati stimolati da questi punti. Il mio consiglio, come di consueto, è di scoprire il suo percorso.

Giacomo Balla, Scultura Velocità e rumore (1914-1915, ricostruita nel 1968, Washington, Hirschorn Museum and Sculpture Garden)
Giacomo Balla. Astrattista Futurista. Mamiano di Traversolo (Parma), Fondazione Magnani Rocca, 12 settembre – 8 dicembre 2015
Pamela D’Andrea