Di recente l’analisi del Dna della popolazione sarda condotta dal gruppo SardiNIA ha consentito di individuare alcuni geni molto importanti per la ricerca sull’anemia, sulle malattie cardiovascolari e, indovinate un po’, per la regolazione dell’altezza! Le Cronache Darwiniane colgono l’occasione per approfondire qualche argomento di base della genetica di popolazione.
Che la popolazione sarda sia fra le più studiate nell’ambito della genetica di popolazioni non è un mistero. L’omogenea distribuzione della variabilità genetica in aree diverse, la possibilità di trovare varianti molto rare ed al contempo l’essere un campione rappresentativo della variabilità europea, sono caratteristiche che fanno dell’isola un territorio particolarmente adatto alle analisi genetiche.
Certe particolarità derivano sostanzialmente dalle condizioni geografiche della Sardegna; il fatto stesso di essere un’isola, per di più montuosa, porta con se tutta una serie di conseguenze a livello di genetica di popolazione, fra cui l’inevitabile endogamia (la conseguenza del riproporsi di incroci all’interno del medesimo gruppo di individui) e fenomeni di deriva genetica (la riduzione casuale della frequenza di un allele).
L’incidenza di fattori casuali all’interno di una piccola popolazione, infatti, può avere conseguenze molto più significative rispetto alla stesso evento capitato in un gruppo di maggiori dimensioni.
Questo fenomeno è alla base di un meccanismo classico che si rileva nelle popolazioni isolane: l’effetto del fondatore. Tale effetto descrive lo sviluppo di una nuova popolazione a partire da un piccolo gruppo “fondatore” che non era propriamente rappresentativo della variabilità genetica della popolazione di partenza. La popolazione finale sarà, quindi, molto diversa da quella originaria.
Abbiamo detto che un’altra caratteristica del laboratorio Sardegna sta nel rappresentare un ottimo campione della variabilità genetica europea.
Nel 2014 un team di ricercatori della Sapienza aveva evidenziato l’estrema eterogeneità nella genetica delle popolazioni italiane. La ricerca comprendeva gruppi e minoranze linguistiche fra cui le comunità germanofone delle Alpi e le popolazioni dell’entroterra sardo, dimostrando che le distanze genetiche fra popolazioni contigue appartenenti a tali comunità erano tali da essere paragonate a quelle presenti fra, per esempio, portoghesi ed ungheresi. All’interno della stessa isola, quindi, sono comparse differenze paragonabili a quelle riscontrabili fra popolazioni geograficamente molto distanti.
Questa situazione genetica, spiega il coordinatore della ricerca (nonché mio professore ai tempi dell’università!) l’antropologo Giovanni Destro-Bisol, riflette i fenomeni di isolamento e migratori che si sono susseguiti nel tempo coinvolgendo anche le piccole comunità, influenzandone non solo la tradizione ma anche il patrimonio genetico. Non posso che concordare con lui quando aggiunge che, grazie alla posizione nel Mediterraneo che la rende oggetto di flussi migratori di varia provenienza, l’Italia è sempre stata una terra di diversità sia culturale che genetica.
Com’è noto, l’isola detiene alcuni primati per quanto riguarda la longevità dei suoi abitanti. Aldilà del classico “uomo più vecchio del mondo”, sembra che la frequenza degli ultracentenari in Sardegna sia particolarmente elevata e che tenda ad aumentare; proprio per questo motivo sul posto vengono portati avanti dei progetti a livello internazionale che studiano i marcatori della salute e i tratti fenotipici legati all’invecchiamento.
Ricordiamo che è stato grazie ad una ricerca condotta su un campione di circa 1200 maschi sardi da un gruppo di ricercatori dell’Università di Sassari che abbiamo ottenuto informazioni preziose sugli albori della nostra specie. Nel 2013, infatti, lo studio capitanato da Paolo Francalacci ha localizzato fra i 100.000 e i 200.000 anni fa il periodo in cui sarebbe vissuto il più recente antenato maschio comune a tutta l’umanità.
In uno dei lavori curati dal gruppo SardiNIA pubblicati su Nature Genetics in questi giorni, si parla dell’effetto isola nella regolazione dell’altezza. Il fenomeno per cui le popolazioni insulari subiscono un processo di riduzione delle dimensioni corporee finora era stato individuato per lo più in altre specie animali come mammut, elefanti e dinosauri, mai nell’uomo. Le motivazioni che sono alla base di questo processo non sono state chiarite, probabilmente si devono relazionare con le risorse limitate che le situazioni isolate offrono.
Sequenziando il genoma di più di 2000 persone provenienti da quattro paesi dell’Ogliastra, i ricercatori sono stati in grado di individuare ben due varianti genetiche in grado di ridurre l’altezza di circa 4 e 2 centimetri, che indicherebbe proprio l’azione del processo che abbiamo descritto; la bassa statura sarebbe stata avvantaggiata nella selezione dei sardi.
Un’altro studio ha riguardato il controllo genetico nella produzione di emoglobina, con possibili risvolti per le terapie nelle anemie ereditarie. Inoltre sono stati scoperti nuovi geni legati ai livelli ematici dei lipidi e con quelli di molecole dell’infiammazione del sangue, da inquadrare nell’ambito della lotta alle malattie cardiovascolari.
Alla luce di questi risultati si capisce come lo studio del pool genico della popolazione sarda sia fondamentale non solo per ricostruirne le dinamiche demografiche ed evolutive che hanno portato all’attuale pool genico sardo ma, anche, per trovare le cause genetiche di alcune patologie nell’ottica di poterle, in futuro, controllare.
Tutta la diversità umana è il prodotto della varietà quasi infinita delle combinazioni di geni. Noi tutti siamo formati della stessa polvere cromosomica, nessuno di noi ne possiede un solo granello che possa rivendicare come suo. È il nostro insieme che ci appartiene e ci fa nostri: noi siamo un mosaico originale di elementi banali. (Jean Rostand)
Serena Piccardi