Sempre più persone tra quelle che lavorano in ufficio mangiano direttamente sedute alla propria scrivania, da qui il termine, per gli americani, Desktop Dining.
In molti uffici, in Italia, sono presenti frigoriferi per conservare e forni per riscaldare i pasti. Spesso sono pochi e insufficienti.
Per non consumare sempre pasti freddi, si usa da sempre il portavivande, però bisogna cucinare il pasto la mattina prima di andare a lavorare e, nei portavivande, il cibo continua a cuocere deteriorandosi e diventando certamente meno gustoso.
In alternativa esistono dei dispositivi di recente sviluppo da collegare al proprio computer; si tratta di scaldavivande USB con i quali si possono riscaldare i piatti pronti comprati al supermercato o al distributore in ufficio. Questi prodotti però hanno degli ingombri piuttosto consistenti e raggiungono temperature di 50° centigradi solo se alimentati da un computer desktop e, con computer portatili raggiungono temperature minori. In questo modo o si resta a mangiare davanti al proprio PC o si esce dall’ufficio portandosi dietro il proprio, pesante e ingombrante, computer portatile.
Il Dott Ballabio Mauro, del Politecnico di Milano, con studi in disegno industriale, ha ideato uno scaldavivande chimico, diverso dagli scaldavivande USB, che richiedono il collegamento alla corrente elettrica. Il suo può essere trasportato in ogni luogo così da poter consumare un pasto caldo anche fuori dall’ufficio. Può essere attivato in qualsiasi momento e ha una durata di emissione di calore di 20-30 minuti; è riutilizzabile e, per essere rigenerato, necessita di essere riscaldato per soli 4 minuti nel forno a microonde a casa. Ha sviluppato un prodotto semplice, pratico e di facile utilizzo che possa rendere la vita di chi pratica il Desktop Dining un po’ meno difficile.
In assenza di queste vantaggiose soluzioni, ci si ritrova ad essere forzatamente “social” nella sala adibita a mensa, e come tutti i momenti “social”, la pausa pranzo al lavoro ha bisogno di alcune accortezze per essere gestita.
E’ bene ricordare che:
- Non si tratta di un’uscita tra amici per una pizza.
- Ogni giorno ci si ritrova con i colleghi a condividere il momento della pausa pranzo al lavoro.
- La scelta degli alimenti da consumare è molto personale, non ci si deve sentire in obbligo di offrire il pasto o di dare spiegazioni su cosa si mangia.
- E’ buona prassi munirsi di una tovaglietta personale sulla quale poggiare le proprie cose e ricordarsi che dopo di noi occuperà il posto un altro. Pulizia ed educazione.
- Il senso della pausa, proprio del termine è quello di ricaricarsi e rilassarsi, non è piacevole sentire il tuo vicino di posto che mastica, beve e parla al telefono di vicende personali.
- Non si devono consumare bevande alcoliche (non è ovvio)
- Evitare di monopolizzare gli spazi comuni, microonde e frigorifero, la pausa è breve per tutti.
- Evitiamo di improvvisarci grandi chef nel raccontare le nostre prodezze in cucina, non interessa a tutta la sala sapere come è stato preparato un pasto.
- La discrezione??? Se mangio solo un frullato non devo stare a specificare che sto seguendo un piano alimentare imposto da un certo medico specialista. Non è interessante conoscere la cartella clinica mentre si mangia.
- Non fissare i piatti altrui! Non si guarda insistentemente cosa mangia l’altro, magari neanche gli piace ma è costretto a cibarsene.
- Non si chiede, soprattutto dopo aver fatto i Raggi X al piatto. Prenotate una visita oculistica
- Non si portano alimenti che sprigionano odori forti: pesce, broccoli, cavolfiore e fritti.
- Dopo il pasto è buona norma lavarsi le mani e i denti ( e neanche questo è ovvio), naturalmente mani pulite anche prima di andare a tavola.
Quanto sarebbe bello avere più tempo per pranzare in un luogo più aperto, con grandi spazi, assaporando il vero relax di quei 30 minuti.
Sabrina Mattia