“Leagro è bello”, Eufronio è sicuramente bravo. Arte greca a Cerveteri

Euxitheos (ceramista), Eufronio (ceramografo), Cratere di Sarpedonte (515-510 a. C., ceramica dipinta, Roma, Museo nazionale etrusco di Villa Giulia)

Bentrovati nella nostra rubrica d’arte. Il grande successo ottenuto l’anno scorso ha incoraggiato il Comune di Cerveteri, in accordo con il Consorzio Tuscia Turismo e la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria meridionale, a riproporre la manifestazione Etrus-Key, che, con le sue iniziative, intende far conoscere alcuni aspetti della vita ai tempi in cui Cerveteri era l’antica città-stato etrusca Kaisra. E per l’occasione, si è scelto di prorogare la mostra I capolavori di Eufronio fino al 31 ottobre, allineandosi al termine di molti eventi organizzati per la valorizzazione del territorio nell’orbita dell’Expo.

Ma la sotterranea speranza dei ceretani rimane quella di poter trattenere a titolo definitivo i due reperti in questione (il cratere e la kylix) nel museo cittadino per farne la propria punta di diamante. Sarebbe per i suoi abitanti un punto d’orgoglio, sentirebbero di aver fatto tornare “a casa” queste due opere, trafugate entrambe dalle necropoli ceretane durante scavi illegali intrapresi negli anni Settanta e immesse nel mercato nero. La loro apparizione nelle collezioni di due prestigiosi musei oltreoceano, il Metropolitan Museum of Art di New York e il Getty Museum di Malibu insospettì gli studiosi e fece avviare il contenzioso per la restituizione allo Stato italiano. La soddisfazione per questo successo diplomatico è accresciuta dall’altissima qualità stilistica dei reperti, pienamente apprezzabile soprattutto nel cratere, perché giunto a noi più integro. E la firma dell’esecutore è la stessa: Eufronio di Atene, uno dei più stimati ceramografi e ceramisti attici, specializzato nella tecnica a figure rosse e operante a cavallo tra il VI e il V secolo a. C.

L’attuale corpus delle opere di Eufronio è composto da ventisette tra vasi e coppe e può essere suddiviso in due gruppi distinti. Il primo, quello cronologicamente più antico, nel quale operò come ceramografo (ovvero  pittore) dei vasi realizzati nelle officine di Kachrylion e di Euxitheos, negli anni compresi tra il 520 e il 500 a. C. Successivamente, e fino al 470 a. C. circa, Eufronio si firma come ceramista, lasciando il compito di decorare i suoi vasi ai suoi allievi, tra i quali sappiamo che Onesimos era il suo preferito. Verosimilmente, era divenuto a sua volta direttore di un’officina, e si parla di un abbassamento della vista come causa della fine della sua attività come pittore. Ma nel suo nuovo ruolo come ceramista (cioè realizzatore di ceramiche da decorare) seppe far tesoro del suo precedente talento adattando e creando le forme in funzione dell’esaltazione della tecnica a figure rosse.

(img. 2)Eufronio firma

Particolare della firma di Eufronio nel Cratere di Sarpedonte

Eufronio è stato inserito nel gruppo denominato dei Pionieri, artisti della ceramica che portarono ad alto livello la nuova tendenza della pittura a figure rosse, che man mano sostituì lo stile a figure nere di provenienza corinzia. I Pionieri erano accomunati dalla consapevolezza del proprio valore tecnico e artistico, tanto da firmare i propri vasi lasciandoci preziose tracce per l’identificazione degli autori. Inoltre, spesso nelle scene rappresentate (per lo più a tema mitologico) l’inserimento dei nomi dei personaggi permette una migliore comprensione del mito rappresentato.

La ceramica attica a figure rosse consisteva nell’utilizzare l’ingubbio nero (un preparato di argilla raffinata e decantata contenete ossidi di ferro che, una volta steso sulla ceramica e cotto in forno, si fissava e assumeva un aspetto lucido, somigliante alla vernice) per definire il fondo della scena, invertendo la tecnica dello stile precedente, dove l’ingubbio era utilizzato per rappresentare le figure e le decorazioni. I vantaggi di questo nuovo stile consistevano nel far emergere visivamente le figure dal fondo scuro e permetteva agli artisti di poter studiare e di conseguenza rappresentare in maniera più realistica l’anatomia umana e il senso del movimento dei corpi.

Il cratere ora a Cerveteri ha la forma “a calice”ed è specificatamente denominato “di Sarpedonte” per la scena mitologica raffigurata. È un vaso di grandi dimensioni e una capacità stimata attorno ai quarantacinque litri,  nel quale venivano mescolati vino e acqua durante i simposi; la miscela  veniva poi versata nelle coppe. Le firme ci informano che vi lavorarono Euxitheos come ceramista ed Eufronio come ceramografo, permettendoci di datarlo nel periodo compreso tra il 515 e il 510 a. C. Un’ulteriore, curiosa iscrizione, riferisce che “Leagro è bello”, facendoci sapere chi fosse considerato all’epoca l’uomo più bello della Grecia. Sono presenti due scene, separate all’altezza delle anse per il trasporto da un motivo a palmette. La scena sul lato principale coglie il momento saliente della morte di Sarpedonte, così come viene raccontata nel XVI libro dell’Iliade. Re dei Lici, alleato dei Troiani, Sarpedonte era uno dei numerosi figli che Zeus aveva avuto da una mortale, morto in combattimento per mano di Patroclo. Zeus, per evitare che gli Achei si accanissero sul suo corpo, inviò le figure del Sonno (Hypnos) e della Morte (Thanatos) per portarlo via dal campo di battaglia e condurlo in Licia, dove ricevette degni onori funebri. A sorvegliare sul trasporto, si riconosce dal caratteristico copricapo e dal caduceo la figura di Hermes, messaggero degli dei. Sul lato opposto, sono raffigurati alcuni giovani che si apprestano ad indossare le armi prima di una battaglia, della quale non ci sono riferimenti precisi per l’identificazione. La bravura di Eufronio si palesa nella resa anatomica e nelle pose naturalistiche delle figure, e con l’utilizzo dello scorcio e della stesura dell’ingubbio più o meno diluito, riuscì a restituire il senso del volume.

(img. 3)morte di Sarpedonte

Particolare con la scena della morte di Sarpedonte

Il suo rinvenimento avvenne nel 1971, probabilmente da una tomba della necropoli di Greppe Sant’Angelo, e fu venduto per la considerevole cifra di un milione di dollari da due mercanti d’arte, uno svizzero e un italiano, al Metropolitan Museum of Art di New York. Il contenzioso legale si risolse con un accordo nel 2006, e il reperto è tornato stabilmente in Italia dal 2008, ospitato nel Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma.

Un destino analogo ha caratterizzato anche la kylix di Eufronio, una coppa da vino dal corpo largo e poco profondo, anch’essa trafugata negli anni Settanta e rivenduta a pezzi (espediente usato per ricavarne più soldi) tra il 1983 e il 1985 al Getty Museum di Malibu, che provvide a riassemblarla e farne uno dei suoi “pezzi forti”. Ma agli studiosi non sfuggì la dedica ad Hercle, trasposizione etrusca dell’Eracle greco, scritta con i caratteri dell’alfabeto in uso nella zona di Caere, l’antica Cerveteri. Il ritrovamento nella Necropoli di Sant’Antonio da parte di alcuni archeologi di frammenti combacianti, determinarono l’apertura del contenzioso che ha permesso la restituzione della coppa nel 1999. Non si esclude che in futuro si possano rintracciare ulteriori frammenti, forse immessi nel mercato illegale delle opere d’arte.

Img. 4-Kilix Ercle

Eufronio (ceramista), Onesimos (ceramografo), Kylix con scene dell’Iliade, particolare della dedica ad Hercle  (500-490 a. C., ceramica dipinta, Roma, Museo nazionale etrusco di Villa Giulia)

All’interno della coppa, anche se in forma lacunosa, si riconoscono vari episodi tratti dall’Iliade: Patroclo che conduce la schiava Briseide all’accampamento di Agamennone; la liberazione di Aithra; Aiace ed Ettore in duello; la violenza di Aiace Oileo su Cassandra e, infine,  le scene piene di pathos della morte di Priamo e Astianatte, lasciato precipitare dalle mura troiane da Neottolemo, figlio di Achille, davanti a Polissena, affranta dal dolore. Le firme in questo caso riportano Eufronio come ceramista e il suo allievo Onesimos come pittore, riconducendo la datazione agli anni tra il 500 e il 490 a. C.

Img. 5-Kylix

Eufronio (ceramista), Onesimos (ceramografo), Kylix con scene dell’Iliade (500-490 a. C., ceramica dipinta, Roma, Museo nazionale etrusco di Villa Giulia)

Cosa ci fanno due manufatti attici di così alta fattura in una necropoli etrusca? Bisogna considerare che l’antica Caere era tenuta in grande considerazione dai Greci, unica fra le città–stato etrusche ad aver eretto un proprio thesauros nel santuario di Delfi, probabilmente perché ritenuta fondata dai Pelasgi provenienti dalla regione greca della Tessaglia. Era anche l’unica città etrusca ad avere un proprio nome in greco, Agylla. Tutto questo conferma che gli scambi commerciali tra la città e la Grecia erano molto fiorenti, quindi ci permettono di supporre che qualche ricco commerciante etrusco possa aver commissionato o acquistato successivamente i pregevoli manufatti di Eufronio e poi averli fatti inserire nella propria sepoltura.

Con l’occasione della mostra, suggerisco di approfittare per visitare anche la Necropoli della Banditaccia, altro sito Unesco di cui possiamo fregiarci.

http://www.comune.cerveteri.rm.it/turismo-e-cultura/museo-1

http://www.coopculture.it/events.cfm?id=221

 

Pamela D’Andrea

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