DEMOCRAZIA, DAL GRECO, “GOVERNO DEL POPOLO”

Il referendum greco che si è tenuto domenica ha visto la linea del No, ovvero di chi si è schierato apertamente contro le proposte europee, raggiungere una soglia di quasi il 62%. Le persone che hanno votato per questa scelta sono state numericamente più elevate rispetto alle stesse che qualche mese fa hanno portato il premier Tsipras al governo dello Stato ellenico e, ad oggi, a una svolta nel rapporto con l’UE.

Non dimentichiamoci che fino adesso ciò che ha salvato l’eurozona è stato il mantra di Draghi che ha ripetuto a più riprese “l’Euro è irreversibile”, sottolineando come non sia prevista dai trattati la fuoriuscita di uno dei suoi membri. Il tutto affiancato da una solida immissione di liquidità negli istituti di credito. Questo ha rinsaldato i mercati e ha reimmesso fiducia al sistema, elemento base per tornare ad investire e per riemergere da qualsiasi crisi economica. Mi immagino cosa possa succedere nel caso in cui la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica. E sembra che sia proprio questo uno degli scenari piú accreditati secondo alcuni e non escluso dallo stesso Juncker.

La cosa curiosa che non si puó non notare é che mentre in Grecia il popolo torna ad essere sovrano per decidere nel merito di una singola proposta di accordo sugli aiuti che gli possono essere concessi e sulle condizioni e gli obblighi da rispettare, come le riforme “lacrime e sangue” e gli interessi sul prestito, in Italia é praticamente dal 2008 che non c’é piú un governo eletto democraticamente, se non governi tecnici e politici piú o meno imposti dalle circostanze straordinarie che di volta in volta si sono susseguite.

In questo modo abbiamo subito una serie di trasformazioni, a detta di molti indispensabili e senza alternative possibili, che ci hanno tolto gradualmente e senza neanche troppo tempo i diritti acquisiti in tema di pensioni, di diritti sul lavoro e di spesa sociale. Il tutto assistendo ad una continua recessione della nostra economia che può essere considerata di fatto “morta” e senza alcuna prospettiva attuale di ripresa concreta.

Il merito politico fondamentale del premier greco Tsipras è stato di aver riportato l’economia su un piano democratico. Da troppo tempo ormai le scelte di carattere economico sono state prioritarie rispetto alle decisioni degli elettori sancite dalle urne, che siano state politiche o referendarie come in questo caso. “Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi” affermava Mayer Amschel Rothschild (attualmente la sua discendenza controlla la FED) all’inizio del secolo scorso.

Questa idea di capitalismo finanziario ha raggiunto il suo apice proprio negli ultimi anni quando, l’esempio dell’Italia su tutti, è stato sufficiente far aumentare un indice economico come lo “spread” per far saltare dei governi democraticamente eletti ed imporre dei governi tecnici che scegliessero su tutti. Queste imposizioni ademocratiche si sono infrante proprio con il referendum greco nel momento in cui appunto il popolo, il “demos”, è stato chiamato ad esercitare il suo potere, il “cratos”, intorno ad una decisione di merito.

La speranza comunque non è che la Grecia esca dall’Euro, perché rimarrebbe un caso blindato e probabilmente anche socialmente ed economicamente drammatico su cui tutti gli altri Stati si accanirebbero per “punirne uno ed educarne altri cento”, ma la possibilità che l’Europa sia realmente ripensata in chiave di “Europa dei popoli” e non di austerity. E’ possibile pensare che un sistema basato sul debito, che non potrà mai essere ripagato dagli stessi Stati che si indebitano nuovamente per tentare di ripagarlo, rappresenti una sorta di “debitocrazia” dove chi fornisce i prestiti detta anche le agende politiche degli Stati debitori? Un sistema del genere, che qualcuno ha ridefinito “Quarto Reich” in quanto vede nella Germania l’attore chiave, non è destinato a durare e la prima crepa, che aprirà sicuramente delle voragini nelle prossime settimane, è stata appena segnata.

Filippo Piccini

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