Anche se, come si desume dal titolo della mia rubrica, sono un’appassionata di fantascienza devo precisarlo: no, il titolo della puntata non si riferisce alla roccia a forma di piramide immortalata il 7 maggio scorso dalla fotocamera della sonda Curiosity. Non so se avete letto i titoloni apparsi su varie testate che “viaggiavano” tanto lontano da parlare di “prove della presenza di antiche civiltà su Marte”; in questa rubrica affronteremo il tema della vita sul pianeta rosso da un punto di vista un po’ più scientifico.
L’oggetto (trovate qui sotto la foto pubblicata dalla Nasa, per chi non l’avesse vista) che ha ispirato titoli entusiastici su varie pagine online è, molto probabilmente, una roccia spigolosa modellata dal vento. Dall’immagine possiamo vederne solo due facce ed uno spigolo, per di più senza oggetti di dimensioni note vicino, non abbastanza da ipotizzare una piramide per cui, evitando la postulazione di ulteriori entità (Occam insegna), è perfettamente spiegabile con un’infarinatura di geomorfologia.
Delusi? Non c’è da esserlo, anche se la piramide in questione non è la prova che un’antica civiltà abbia vissuto su Marte, questo non significa che non si possa in assoluto parlare di vita sul pianeta.
Magari occorre ridimensionare l’immagine che la parola “vita” suscita in molti.
Ma partiamo dall’inizio; da quando l’uomo ha posato per la prima volta l’attenzione sul suolo marziano chiedendosi: c’è nessuno laggiù?
Siamo nel diciannovesimo secolo quando le prime osservazioni al telescopio di Giovanni Schiaparelli, direttore dell’Osservatorio astronomico di Brera, rivelano la presenza di canali lunghi migliaia di km e larghi un centinaio di metri sulla superficie del pianeta rosso. Tali formazioni vengono (anche a causa di un’errata traduzione inglese della parola italiana canali) entusiasticamente interpretate come opere artificiali ideate per far scorrere l’acqua dai poli verso zone aride del pianeta.
Le osservazioni vengono successivamente confermate da altri astronomi ma anche altrettanto contestate. La controversia si esaurisce all’inizio del ventesimo secolo; una volta che, grazie al miglioramento della tecnologia dei telescopi e alle prime analisi spettroscopiche, viene dimostrato che i canali in questione non sono altro che il frutto di un’illusione ottica. Inoltre l’assenza di acqua e di ossigeno mostrata dall’analisi spettroscopica da il colpo di grazia ad ogni ipotesi di abitabilità del pianeta.
Nel frattempo, però, le fantasie sull’esistenza dei marziani si sono sbizzarrite.
E per fortuna perché ci hanno regalato, non solo il ricordo di ingenui entusiasmi e ridicole pubblicità ma, soprattutto, una discreta mole appassionante letteratura fantascientifica!
L’acqua, si sa, è fondamentale per lo sviluppo della vita per come la conosciamo e trovarne su di un altro pianeta è una scoperta degna di rilievo.
Le informazioni che abbiamo raccolto lungo il secolo scorso, grazie soprattutto alle sonde Mariner 4 e Viking, avevano confermano che non può esistere acqua allo stato liquido su Marte ma è solo di recente che abbiamo delle prove che in passato c’è stata. Infatti, non solo si è riscontrata la formazione di ematite (che si forma in presenza d’acqua) ma è stata accertata la presenza di strutture sedimentarie derivanti da scorrimento superficiale di liquidi.
L’anno scorso il rover Curiosity mandato dalla Nasa sul suolo marziano svela la presenza di sorgenti ignote di metano; da noi sulla Terra è indizio di attività biologica ma i ricercatori non se la sentono di sbottonarsi a riguardo.
Sul nostro pianeta gran parte del metano presente è derivato da attività batterica; alcuni microorganismi, infatti, producono tale gas a partire da anidride carbonica e idrogeno molecolare (si tratta di una forma di respirazione anaerobica).
Ebbene si, il concetto comune di forme di vita aliene andrebbe ridimensionato in tal senso. Almeno per ora!
Tornando all’acqua marziana, sempre dalle informazioni mandate da Curiosity, arriva la notizia che c’è del perclorato di calcio nel terreno; la presenza della sostanza, permettendo di per se l’esistenza di acqua allo stato liquido, suscita nuove e appassionanti ipotesi. In certi casi basta un potrebbe a dar adito a speranze e fantasie.
Di recente una stima del flusso di detriti presente sulle pendici del cratere di Istok, sito nell’emisfero meridionale di Marte, ha precisato che non solo l’acqua c’era ma che non è passato neanche tanto tempo da che scorreva sulla superficie del pianeta. Questo anche perché il cratere in questione nasce da un impatto avvenuto circa un milione di anni fa.
Lo studio, ad opera di Tjalling de Haas dell’Università di Utrecht e colleghi, deriva da una serie di simulazioni condotte in laboratorio e precisa che lo scorrimento d’acqua responsabile della formazione dei detriti deriverebbe dallo scioglimento di neve.
Lasciando da parte la pseudopiramide, quindi, di ben altro rilievo sono gli indizi raccolti nel tempo che hanno portato gli scienziati ad ipotizzare la presenza di organismi viventi su Marte.
Magari non sarà vita intelligente, emozionante come l’idea dei “marziani egiziani”, ma ha delle basi un po’ più solide.
C’era un gran silenzio nella notte fonda di Marte, il silenzio che regna in un pozzo freddo e buio, con le stelle che scintillavano nelle acque dei canali e, respirando in ogni stanza, i bambini si rannicchiavano coi ragni d’oro stretti fra le dita, gli amanti mano nella mano, tramontate le due lune, fredde le torce, deserti gli anfiteatri marmorei. (Cronache Marziane – Ray Bradbury)
Serena Piccardi