Si torna purtroppo a parlare di fatti di cronaca riguardati attentati terroristici compiuti dai fondamentalisti dell’ISIS, così come avvenuto in gennaio con la strage di Charlie Hebdo, in questo caso su una scala più grande con una determinazione da “ora zero” scattata quasi contemporaneamente oggi in diverse località, che se esaminate singolarmente evidenziano chi sono i veri nemici degli estremisti e quali saranno i versanti sui quali si batteranno.
I terroristi hanno agito su tre fronti: sul fronte sciita, con l’attacco alla moschea a Kuwait City, cosa del tutto nuova per quel Paese e che indica come il loro raggio d’azione si stia ampliando e abbia praticamente già coperto tutto il Golfo; sul fronte dei paesi arabi moderati, come la Tunisia, unico Paese in cui la Primavera Araba ha ottenuto dei risvolti democratici, con l’attacco al resort turistico a Sousse, con lo scopo di dichiarargli guerra danneggiando anche economicamente la realtà nordafricana, dato che come è prevedibile ci sarà l’annullamento in massa delle vacanze prenotate da parte dei turisti di tutto il mondo da qui fino a tutta la stagione estiva e forse anche oltre; infine sul fronte europeo con l’attentato alla centrale del gas vicino Lione (che probabilmente era stato pensato per creare ancora più danni qualora l’intero stabile fosse saltato in aria rilasciando le sostanze altamente tossiche lavorate all’interno) dove il ritrovamento della testa decapitata, per la prima volta su suolo europeo, vuole essere un chiaro messaggio agli “infedeli”, ovvero al mondo cristiano, ancora una volta in Francia, patria dell’Illuminismo e della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Altro fattore rilevante, i terroristi volevano l’impatto mediatico, e cosa c’è di più impattante che vedere la foto di persone morte in spiaggia mentre prendono il sole in vacanza? Uno dei momenti più rilassanti per l’Occidente capitalista che si riposa dai ritmi frenetici delle società avanzate. Come a far passare il messaggio di non abbassare mai la guardia e di mantenere una costante tensione in quanto in nessun posto si è al sicuro.
Ora, mi ricordo lo scorso febbraio quando il re-soldato di Giordania Abdullah II, simbolo di quei paesi musulmani moderati che non cedono all’integralismo, aveva dichiarato di aver distrutto con soli tre giorni di raid il 20% della capacità dell’ISIS, e di voler continuare su questa linea fino al loro completo annientamento. E’ evidente che, compresa l’enfasi del momento dovuta alla rappresaglia per l’ignobile esecuzione del pilota giordano dentro l’ormai nota gabbia data alle fiamme, le cose non siano poi andate così e dei raid del piccolo paese arabo non si ha avuto più notizia. Così come non si ha riscontro dei risultati sul campo dei raid aerei della coalizione anti-ISIS a guida americana operativa dallo scorso settembre.
Lo Stato Islamico invece nel frattempo si è ancora più radicato nei territori conquistati, consolidando anche la gestione economica e sociale che ogni stato deve avere per potersi chiamare tale. In Siria e in Iraq ha conquistato posizioni, riuscendo addirittura a riprendere la città di Kobane, simbolo della resistenza curda, l’unica forza sul campo che fino ad ora era riuscita a dare filo da torcere agli estremisti.
Credo sia arrivata l’ora di fare chiarezza a livello di Consiglio di Sicurezza dell’ONU su alcuni aspetti oscuri di questa organizzazione terroristica, ovvero su chi è riuscito a farli strutturare (penso alla foto del senatore McCain con il leader Al-Baghdadi, in chiave anti Assad, e quanto questa realtà sia sfuggita di mano), su chi li sostenta con il traffico di armi e di petrolio, nonchè di foreign fighters (penso alla Turchia di Erdogan dalle posizioni spesso ambigue, ma anche all’Arabia Saudita) e infine chiedersi cosa vogliono fare l’Europa e il mondo occidentale per fronteggiare concretamente questa minaccia.
Filippo Piccini