23 giugno 1668
Nasce a Napoli il filosofo Giambattista Vico. Con la sua filosofia della storia ha anticipato concezioni successivamente sviluppate dalla cultura romantica e dell’idealismo Tedesco, in particolare da Herder e da Hegel. Vico, dopo aver studiato giurisprudenza, filologia e filosofia, esercita per breve tempo la professione di avvocato e nel 1699 viene infine nominato professore di retorica all’Università di Napoli, dove rimane fino alla morte, nel 1744. Ha scritto diverse opere, ma il suo capolavoro è La Scienza nuova (1725). Secondo Vico il sapere umano è limitato, perciò a ogni nuova estensione del sapere va premessa una critica che vagli la natura, le possibilità e i limiti del suo conoscere, condizione necessaria per acquisire la verità. Sviluppando questa premessa Vico arriva alla convinzione che le scienze umane sono avvantaggiate rispetto a quelle naturali, perché l’uomo può conoscere fino in fondo soltanto ciò che egli stesso ha prodotto. La certezza che può offrirci la storia non è minore di quella offerta dalla geometria: entrambe infatti sono opera dell’uomo. “Perché gli uomini dapprima si rivolgono al necessario, poi in un secondo momento individuano l’utile; ma, a questo punto, essi scoprono il comodo, la dissoluzione nel lusso. E così si ha la regressione nella barbarie, da cui ricomincia un nuovo ciclo”.