Tra il vastissimo ventaglio di iniziative teatrali che si stanno svolgendo in questo periodo a Roma come il Roma Fringe Festival a cui certamente dedicheremo il prossimo spazio, riserviamo la puntata di questo mese a Quattro conversazioni sull’arte scenica e sulle convenzioni teatrali, ideate e coordinate da Patrizia La Fonte, con l’“apprendista regista” (Matteo Cirillo), gli “ospiti” e i giovani dello stage (Tiziano Caputo, Sara Corelli, Roberta Mancuso, Flavia Moretti, Matteo Palazzo, Pierfrancesco Perrucci, Samantha Silvestri) in collaborazione con l’Accademia Internazionale di Teatro e il dipartimento dei beni culturali.
L’iniziativa si è svolta nella casa dei teatri all’interno di Villa Pamphili e ha permesso in una serie di incontri di approfondire la storia del teatro dal ‘700 fino ai giorni nostri; nello specifico abbiamo assistito all’ascesa e caduta della quarta parete nelle rappresentazioni teatrali.
Con l’ascesa della borghesia infatti il ‘700 si è spesso caratterizzato dalle sempre più pressanti richieste della stessa, la quale vuole vedersi rappresentata nelle “pièce” a cui assiste, che inizia a svolgersi quasi esclusivamente all’interno delle sue ville e dei suoi palazzi. Nelle rappresentazioni interne dunque, assistiamo al graduale abbandono dell’utilizzo delle maschere che avevano caratterizzato tutto il secolo precedente e anche all’esigenza tipica del secolo, di enciclopedizzare ogni arte compresa quella teatrale.
ll Settecento è un «diluvio» di trattati e un momento di assoluta metamorfosi. Il primo a teorizzare l’esigenza di un’immaginaria parete divisoria tra l’attore e lo spettatore è Diderot che nel Suo “Discorso sulla poesia drammatica” definisce formalmente questo spazio immaginario.
Nel primo e nel secondo incontro, gli attori di Patrizia La Fonte mettono in scena brevi sketch per mostrarci il dibattito settecentesco della differenza tra vero e verosimile nella rappresentazione armonica e controllata teorizzata da Riccoboni, o l’importanza delle emozioni in scena come invece sostenuto da Duvet.
Ora spegniamo le luci; cosi Patrizia La Fonte ci fornisce l’esempio di spazio divisorio.
Durante il terzo incontro attraversiamo il secolo ‘800, dove la quarta parete si consolida. Si delineano le figure del regista e del costumista, ma non solo. L’Ottocento è il secolo di grandissime personalità quali Wagner, Stanislavskij, Gordon, Greig solo per citarne alcuni. Assistiamo ad una serie emozionante di esempi tratti da “Le tre sorelle di Cechov” (l’importanza del silenzio piuttosto che Antigone di Vittoro Alfieri, opera di assoluta rigidità scenica di testo e di intenzioni come voluto dallo stesso autore). Queste opere sono dei capisaldi che attraverseranno tutto il secolo.
La crisi esistenziale dei valori del primo Novecento non poteva non ripercuotersi anche e soprattutto in questo mondo. L’uomo del Novecento, sul palco e fuori, torna ad essere solo. La scena come nel Medioevo è un luogo inesplorato.
Capita così che ad una festa patronale lo scrittore Luigi Pirandello fa intervenire sul palco degli sconosciuti permettendo loro di interagire con gli attori. Ne segue la scrittura di “Sei personaggi in cerca d autore”, e “Questa sera si recita a soggetto”, opere che decreteranno la caduta dello spazio divisorio tra l’attore e il pubblico.
Seguono a chiusura dell’interessante approfondimento di Patrizia La Fonte le divertentissime risate verdi dell’esilarante Groucho per raccontarci la nuova arte del Novecento, signore e signori il cabaret, o il varietà dove il pubblico è il primo protagonista perchè come ci insegna Woody Allen… poi… basta che funzioni!
Marta Teti