“Le emozioni sono sopravvalutate” e “la leggerezza è una perversione”. Questi (ed altri ancora) sono i pensieri, che affollano la mente di Fred (Michael Caine), anziano direttore d’orchestra in vacanza presso una lussuosa spa ai piedi delle Alpi, insieme al suo amico Mick (Harvey Keitel).
Rassegnato ad una vecchiaia, senza slanci ed entusiasmi, vivendo nel ricordo di una moglie scomparsa (la sola ammessa a dar voce alle sue composizioni), Fred semina perle di saggezza, pur trovando la vita poco attraente. Le sue giornate, costituite da lunghe passeggiate e dai diverbi con la sua unica figlia, improvvisamente abbandonata dal marito, sembrano volgere verso l’inevitabile fine, senza nessun sussulto. Persino la musica, la sua grande passione, sembra aver lasciato posto alla più totale apatia.
Di contro Mick, che lavora incessantemente alla realizzazione di un film, non condivide l’atteggiamento del suo amico e cerca di vivere al massimo nonostante “l’età”. Ma le cose non sono mai come sembrano e dopo un evento tragico ed inatteso, Fred che è sano come un pesce e proprio per questo non capisce perchè sia vecchio, scopre che una volta uscito da quel posto e dal suo tunnel psicologico, ad attenderlo c’è la giovinezza. Che a questo punto, non è più questione di numeri, ma dall’atteggiamento mentale che caratterizza ogni singolo individuo.
Dopo il successo planetario de “La grande bellezza”, non era facile per Sorrentino riproporsi con una storia solida ed efficace. “Youth”, per certi versi, sembra la continuazione del film precedente, dove lì si celebrava la bellezza di una città, qui si celebra la bellezza della giovinezza, che è sempre ad un passo da noi, ma spesso oscurata da contorti meccanismi mentali.
Non sappiamo e non capiamo bene, dove porti la strada che Sorrentino ha intrapreso da “This must be the place” in poi e quest’ultima opera ci dice ben poco in proposito, anche se è molto più autobiografica di quanto lasci pensare. Forse, Fred non è altro che l’alter ego del regista napoletano, che dopo il grande successo ha bisogno di riflessione e tranquillità, per ritrovare anche lui quella giovinezza che lo ha portato a realizzare opere notevoli come “L’uomo in più”, suo film d’esordio, che suscitò enormi consensi e rivelò il suo indiscutibile talento.
Per chi scrive, il vero Paolo Sorrentino è da ricercare nei primi tre film, quelli di minor successo per intenderci, ma anche “Youth”, nonostante le facili critiche e uno scontato tiro al bersaglio, merita una possibilità e una visione possibilmente libera da pregiudizi.
Laura Pozzi