Un rapporto riservato di Mediobanca Securites (reso noto grazie a Il Fatto Quotidiano) ci dice come lo stato in cui si trova ora l’Italia è peggiore del 1992 e occorrono subito 75 miliardi per abbattere il debito e non incorrere ad una richiesta di salvataggio all’Europa.
Basta con gli annunci, basta con i proclami e le bandiere di buone intenzioni, bisogna passare ai fatti ed anche piuttosto in fretta. Il limite di tempo sono solo sei mesi e poi sarà chiaro: o l’Italia ritrova un po’ di crescita sfruttando le riforme iniziate dal governo Monti, oppure il peggioramento della crisi, nell’economia reale e sui mercati finanziari, “potrebbe costringere il Paese alla richiesta di salvataggio”.
Ad ipotizzare il peggio per il Belpaese è l’analista Antonio Guglielmi in un report di Medio-banca Securities, la controllata di Londra di Mediobanca specializzata in intermediazione finanziaria, che è stato consegnato soltanto ai clienti. Le banche sono restie a divulgare analisi pessimistiche sullo stato della situazione italiana per non creare allarme.
Quel che è peggio è che Enrico Letta e i suoi ministri non sembrano curasi del tempo che passa inesorabilmente e continuano a rimandare i problemi, dall’Iva all’Imu, ma secondo il report di Guglielmi non c’è più tempo: la situazione “è peggiore” che nel 1992, il contesto macroeconomico “sta colpendo l’economia italiana più pesantemente” e l’Italia “non può più contare sulla leva della svalutazione”.
Il rapporto di Guglielmi sottolinea un fenomeno inquietante: di recente sul mercato in vari momenti il rendimento dei Btp ha superato quello dei Bot di pari durata. Perché i mercati chiedono un interesse più basso per un Bot che dovrà essere rimborsato tra sei mesi rispetto a un Btp ventennale emesso 19 anni e sei mesi fa?
“Questa differenza di rendimento non ha alcuna ragione di esistere a meno che i mercati non stiano facendo differenza tra i bond a rischio ristrutturazione (Btp) e quelli che non sono soggetti a ristrutturazione (Bot e strumenti di mercato monetario )”. Traduzione: gli investitori si aspettano che nei prossimi sei mesi l’Italia possa dichiarare una parziale bancarotta sul suo debito. Come ha fatto la Grecia. La fuga dei grandi fondi dai Paesi mediterranei è ricominciata.
I detonatori possibili sono tanti: la Federal Reserve che comincia ad asciugare liquidità, la Lituania che chiede aiuto per le sue banche, l’Argentina che è a un passo da una nuova bancarotta. Lo spread, e questo è uno degli aspetti meno rassicuranti dell’analisi di Guglielmi, dipende quasi esclusivamente da variabili che non controlliamo. Se torna a salire, come sta succedendo, l’Italia potrà fare molto poco.
A parte la bassa crescita, che deriva dalle riforme, la grande minaccia per il Paese è il debito pubblico, arrivato a 2.041 miliardi di euro. Guglielmi scarta l’idea della maxi-patrimoniale che ogni tanto riaffiora nel dibattito: il governo Monti non ha realizzato la mappatura della ricchezza degli italiani che è la premessa per rendere equo un simile intervento.
Introdurre una tassa straordinaria sulla casa sembra politicamente poco fattibile. E con l’Imu, l’imposizione sugli immobili ha già superato la media europea (1,6 per cento del reddito disponibile totale contro l’1 per cento di media). Però, e questa è la parte interessante, si possono recuperare 75 miliardi “senza danneggiare i consumi”: 3-7 miliardi alzando le aliquote sulle rendite finanziarie (esclusi i titoli di Stato), applicando alla finanza lo stesso carico fiscale che oggi grava sugli immobili.
Un altro dato “rincuorante” (sempre se realizzabile) è che altri 43 miliardiapplicando un prelievo una tantum al 10 per cento più ricco della popolazione, sopra 1,3 milioni di euro di patrimonio, sul modello di quella francese. Dai capitali nascosti in Svizzera (solo qui il report indulge a un po’ di ottimismo) possono arrivare 20 miliardi di euro, altri 2, se proprio necessario, da un condono edilizio.
Una cura che darebbe un segnale al mercato, rendendo più credibile la nostra posizione. Ma non basterebbe. Perché Medio-banca Securities identifica un’altra emergenza che la politica italiana finge di non vedere: le banche.
Nota Antonio Guglielmi che il tasso di copertura cash dei crediti problematici nelle banche italiane si è ridotto dal 51 per cento del 2007 al 40 del 2013. Significa che se un prestito non viene rimborsato, in tutto o in parte, le banche sono molto più dipendenti dalle garanzie reali. Che di solito sono immobili. Problema: i prezzi delle case stanno crollando, “dal picco del 2008 si sono ridotti del 12 per cento contro il 25 per cento della Spagna”.
Le banche insomma, sono fragili dato che si è persa l’occasione di farle salvare all’Europa: ora si è affermato il “modello Cipro”. L’Eurogruppo ha deciso che se una banca ha bisogno di aiuto, l’Esm (il fondo Salva Stati) ci metterà parte dei fondi, massimo 60 miliardi.
Il problema forse più serio è che la restante parte dovrà recuperarla lo Stato nazionale. Convertendo obbligazioni in azioni, prelevando dai depositi, tassando i cittadini. Tre mesi fa Guglielmi suggeriva di fare una bad bank, e l’Abi si è molto risentita. Oggi la situazione è peggiorata . Possiamo solo sperare che l’Italia non debba mai porsi il problema, ma dal rapporto di Guglielmi l’approccio “wait and see”, aspetta e spera, pare il più pericoloso di tutti.
di Cosimo Nuzzo su ArticoloTre.com