DA CRAXI A RENZI QUELLO DEL RINNOVAMENTO È SOLO UN MITO
E’ un errore credere che Renzi e quello che lui rappresenta costituisca una novità nel campo della sinistra. Anzi, nella candidatura del sindaco di Firenze in opposizione ai dirigenti storici (ma non bisogna mai dimenticare che c’è un terzo convitato al tavolo di questa partita: i giovani dirigenti che si riconoscono nella linea politica di Matteo Orfini e Stefano Fassina) si ripropone un male antico della sinistra.
Si tratta di un’idiosincrasia che si può esprimere così: la compagine di sinistra è come un prisma attraverso il quale le qualità, le idee, gli elementi di analisi della realtà che dovrebbero coesistere tutte in una stessa persona o in uno stesso gruppo dirigente per assicurare una guida efficace a un grande partito e un governo autorevole a un paese come l’Italia, si presentano invece separate, spezzettate in una miriade di personaggi diversi che le agitano a vicenda uno contro l’altro.
Renzi possiede un certo carisma comunicativo e insiste sul tema del rinnovamento generazionale. Questioni importanti, che non dovrebbero essere trascurate. Ma d’altra parte, per quanto riguarda l’analisi della realtà, l’elaborazione culturale, la proposta politica è un personaggio che lascia molto a desiderare.
Il mito del “rinnovamento” è stata una delle parole d’ordine chiave della seconda Repubblica. un rinnovamento sempre invocato, sempre richiamato attraverso una contrapposizione estetica tra un mondo nuovo, a colori, veloce, dinamico e le pastoie e il grigiore della “vecchia politica”, del suo “teatrino”, dei suoi inutili riti e delle sue parole. Il risultato di vent’anni di questo rinnovamento a parole è stato che ci ritroviamo non solo al punto di prima, ma molto peggio di prima.
Quello di cui l’Italia ha bisogno non è il rinnovamento di queste sterili opposizioni, ma innanzitutto di un riconoscimento reciproco. Bisogna riconoscere le ragioni della politica e la politica deve prendere sul serio il compito di rinnovarsi. Non rinnegando il passato attraverso il furore nichilista del “nulla sarà più come prima” (che in realtà equivale al “bisogna che tutto cambi perchè niente cambi”). Ma attraverso un ripensamento del passato alla luce delle necessità del presente. E’ vero che la cultura nel nostro paese per troppo tempo si è rinchiusa in un atteggiamento antiquario e sterilmente filologico, che non ha affrontato il compito di una nuova sintesi che partisse dalle necessità del nostro tempo. Ma non è attraverso una semplice attualizzazione pop del passato che si può adempiere a questo compito.
Gli stilemi del “rinnovamento estetico” hanno una lunga tradizione nel nostro paese, a partire dal futurismo, per passare a determinati elementi del fascismo, fino a Craxi e poi a Berlusconi. Non è di rinnovamenti estetici che abbiamo bisogno ora. Abbiamo bisogno di politica, di una politica che sappia essere all’altezza della difficoltà del presente, di una politica che parta da un’analisi dell’oggi, della storia, da un’idea del futuro. Abbiamo bisogno di una grande sintesi.
E no scusate, ma ho qualche dubbio che Renzi sia in grado.
da Linkiesta.it